Ormai è un fatto noto: nessuno ha intenzione di salvare Croce Rossa Italiana ed i suoi dipendenti, mentre chi ha redatto il decreto legislativo 178 ha messo su carta una collezione lunghissima di belle parole sapendo che nessuno le avrebbe mai lette. La prova è che tutti parlano di privatizzazione della Croce Rossa e di smilitarizzazione del Corpo Militare quando nel decreto si tratta solo di riordino.

Le parole hanno un peso, un peso importante per noi che con le parole ci lavoriamo ed anche per il Direttore Generale del complesso ospedaliero IDI di Roma, lo stesso che fa anche Presidente Nazionale della Croce Rossa Italiana, che ci paragona spesso a divertenti scarabei quando non riesce a capire che abbiamo, noi e lui, lo stesso fine, quello di salvare l’Associazione di volontariato più grande d’Italia. Le volte che lo capisce, invece, s’incazza e basta.

In questi caldissimi giorni estivi stiamo assistendo a due esempi di come il decreto in questione sia rimasto lettera morta, o meglio venga utilizzato solo nella parte in cui prevede smantellamenti e non in quella in cui consente agevolazioni. Forse non tutti sanno che – iniziava così una piacevole rubrica della storica Settimana Enigmistica – il decreto 178 prevede che il costo del personale in esubero, trasferito sia nel pubblico che nel privato per effetto di procedure di mobilità, possa essere ridotto del 30% proprio per aiutare questi cittadini a non perdere la continuità nel lavoro. Non solo. Una misura individuata per per non mandare in fumo il bagaglio di professionalità che nel tempo questi lavoratori hanno acquisito e che vorrebbero mantenere continuando a lavorare nel settore dell’assistenza sanitaria e quindi aiutare le amministrazioni o associazioni che si vogliano arricchire con il personale qualificato.

Aiutarle a spendere molto meno. Non sempre, però, le ciambelle riescono con il buco e quindi a Roma, dove regna il trasparentissimo Presidente Ronzi, l’associazione privata di promozione sociale che si chiama Croce Rossa – da non confondere con l’Ente Pubblico CRI, non trattandosi di omonimia ma praticamente di franchising commerciale – ha lanciato un bando per assumere personale di supporto ai servizi di ambulanza dopo aver mandato a casa i propri dipendenti in esubero.

Stesso scenario in Veneto, dove proprio a Venezia sul bollettino della Regione è uscito in questi giorni il bando per assumere autisti di soccorso. In questo secondo caso c’è la procedura di gara pubblica che nel primo, quello romano, non c’è. Pare che comunque nessuno voglia ottenere l’agevolazione, il famoso 30% della retribuzione. Nessuno ha letto il decreto, nessuno vuole risparmiare soldi privati o pubblici che siano? Voi intanto, ed in ogni caso, continuate a chiamarla privatizzazione.