La tregua è finita. Il prolungato silenzio del direttore generale della Asl di Bari, Vito Montanaro, ha convinto Francesco Papappicco e Francesca Mangiatordi, a dissotterrare catene e lucchetti. Nelle prossime ore torneranno a incatenarsi. Non si sa bene dove, probabilmente un altro luogo simbolo della vicenda che li vede loro malgrado protagonisti. I due medici, il primo in servizio alla postazione del 118 di Gravina, l’altra al pronto soccorso dell’Ospedale della Murgia, hanno iniziato la protesta contro due procedimenti disciplinari avviati a loro carico per comportamento non deontologico e per le denunce fatte a mezzo stampa su alcune lacune delle strutture sanitarie in cui lavorano.

Tra gli addebiti c’è anche il comportamento avuto durante le drammatiche fasi dei soccorsi a Domenico Martimucci e agli altri ragazzi rimasti coinvolti nell’attentato alla sala giochi Green Table di Altamura la sera del 5 marzo scorso. A quanto pare tra le accuse – alle quali i due medici hanno risposto punto su punto nelle controdeduzioni consegnate al direttore generale ormai una settimana fa – non ci sarebbero negligenze mediche. Papappicco e Mangiatordi, considerano i due procedimenti disciplinari come il tentativo di mettere un bavaglio, non solo a loro, ma più in generale agli operatori di un sistema che andrebbe profondamente riformato.

La questione è tutt’altro che risolta, ma i due medici in catene non hanno nessuna intenzione di mollare la presa, neppure a ridosso di un ferragosto che si preannuncia rovente. In queste ore hanno scritto una lettera aperta, che pubblichiamo di seguito, al presidente dell’Ordine dei Medici di Bari, Filippo Anelli. Quest’ultimo, infatti, finora non si è ancora espresso né personalmente, né come rappresentante della categoria. I due sindacalisti non muovono alcuna accusa, solo riflessioni, che potrebbero essere meno amare se Anelli intervenisse, dichiarando la posizione dell’Ordine in mertito a questa storiaccia. Una questione di democrazia diventata ormai caso nazionale e che, proprio per questo, non è possibile sia passata inosservata in via Capruzzi.

Da due giorni proviamo a contattare telefonicamente il dottor Filippo Anelli per raccogliere una sua dichiarazione. Complici le ferie non siamo riusciti a parlargli, ma siamo sicuri che il presidente non farà mancare ancora a lungo il suo intervento.  (Per quanti non l’avessero vista, riproponiamo la videointervista in cui i due medici spiegano le ragioni della loro protesta)

LA LETTERA al presidente dell’Ordine dei Medici della Provincia di Bari

di Francesco Papappicco e Francesca Mangiatordi

Partiamo dal presupposto che per taluni questa vicenda avrebbe dovuto seguire i percorsi istituzionali di un procedimento a porte chiuse. Possiamo anche immaginare chi avrebbe fortemente desiderato che la vicenda avesse avuto altri connotati.Consideriamo adesso la posizione dell’Ordine del Medici. Rifiutiamo l’idea che abbia tentato di ridimensionare la portata della stessa reputandola incresciosa o imbarazzante. Non crediamo abbia tentato di salinizzare le acque quiete di apparente normalità, che fino ad oggi ha dimostrato a tutela degli iscritti e dei pazienti.

Tutele di nome e non di fatto a parere di qualche iscritto. Tutele sempre più rarefatte. Ma noi ci dissociamo da tali asserzioni. Tuttavia preso atto del clamore mediatico che la nostra protesta ha sortito, risulta difficile pensare che ad oggi l’Istituto di Via Capruzzi non abbia proferito parola. Eppure si sarebbe trattato solo di fare un’operazione di facciata, una dichiarazione, una nota di interessamento se non a “favore” di due medici, affatto incompetenti, mediocri o indisciplinati, almeno il tentativo di approfondire la vicenda e capirci qualcosa.

Sembra, invece, aver declinato a priori il proprio intervento. Non vogliamo credere abbia preferito snobbare la vicenda. Rammentiamo chi recentemente ci ha messo in guardia con moniti del genere: “L’arroganza talora si manifesta con l’indifferenza”. D’altro canto è un dato di fatto che un momento di crisi di un sistema di potere porti spesso a un aumento dell’oppressione interna, a limitazioni della libertà di pensiero e di espressione, perché con l’imbarazzo dell’increscioso episodio si sarebbe potuto scatenare un aumento dell’insoddisfazione e del risentimento da parte degli utenti nei cui confronti qualche dirigente, nel disperato tentativo di salvare sé stesso, ha reagito sempre più con energici tentativi repressivi, a prescindere.

Ci voleva un monito, una lezione esemplare. Quando ciò si verifica la “creatività” dei singoli finisce per inaridirsi e non emergono più nuove idee. Si sarebbe dunque solo trattato di spendere qualche parola a tutela del diritto di espressione di due medici e del diritto di azione sindacale più in generale. Chi meglio del Presidente dell’Ordine avrebbe potuto tutelare questi diritti inalienabili, dal momento che è anche il Segretario Regionale della Fimmg? Vogliamo credere ancora che quel “primus inter pares” abbia ancora la possibilità e il tempo di dimostrare quella particolare sensibilità e obiettività che dovrebbe contraddistinguerlo.

Io e la dottoressa Mangiatordi non ci siamo fatti ammaliare dal canto di certe sirene. Cedere, avrebbe significato continuare a far languire il sistema dell’emergenza-urgenza e di centinaia di operatori e pazienti in un susseguirsi di criticità cui pochi ad oggi han tentato di porre ordine e rimedio.