Gallistru uno, Rocca zero. Il nostro articolo potrebbe anche finire qui. E infatti non aggiungiamo altro, perché potremmo sembrare di parte. Proprio noi, che per caso ci siamo infilati in un’inchiesta che sta diventando di proporzioni epiche, che scoperchia, giorno dopo giorno, barattoli dove la marmellata non c’è più ed è rimasta solo la muffa.

La finiamo qui, con la storia del presidente della Cri sarda, anche se dovremmo raccontarvi che lo stesso giudice amministrativo, al quale Gallistru si è rivolto per ottenere la giustizia che la sua Croce Rossa Italiana gli nega, ha scritto nella stringatissima motivazione del provvedimento con il quale “sospende la sospensione” che c’è “ciccia per ragionare”. Il giudice cioè ci dice chiaramente che “..non appare invece sussistere in modo evidente e rilevante una compromissione dell’interesse pubblico per la permanenza del ricorrente, medio tempore, nell’incarico fino ad oggi ricoperto” e che “la questione, nella sua importanza e complessità, dovrà essere valutata dal Collegio re adhuc integra posto che, prima facie, le molteplici censure (anche di carattere formale) che il ricorrente muove al provvedimento non appaiono infondate”.

Insomma non possiamo dire che Gallistru sia stato rimosso senza ragioni apparenti o che la decisione di Rocca era nell’aria e trovava le sue motivazioni al di fuori di quanto scritto su Facebook perché sarebbe anticipare una decisione che le parti hanno voluto affidare alla magistratura. Volevamo soltanto informarvi della prima svolta in questa amara vicenda perché anche questa è la nuova Croce Rossa di Francesco Rocca. Se la più grande associazione di volontariato d’Italia fosse stata completamente privatizzata il ricorso al Tar non sarebbe stato possibile ed il povero Gallistru, a ragione o con tanti torti, si sarebbe preso un calcione nel didietro e sarebbe volato giù dal castello del suo signore. Anche questa, se volete, è una faccia della sua privatizzazione.