I sindacati stanno approfondendo e nei prossimi giorni renderanno pubblici i risultati delle ricerche sulla sconcertante parentopoli maturata negli anni all’interno delle Ferrovie Apulo Lucane. Secondo alcune indiscrezioni qualcuno degli iscritti coinvolto nella parentopoli è stato destituito, qualcun altro continuerà beatamente a fare i fattacci suoi con alte complicità. Ciò che emerge con il passare dei giorni sta minando la credibilità stessa delle FAL, ormai ribattezzate “Ferrovie di famiglia”.

Coloro che negli anni si sono sentiti defraudati da questo sistema si stanno facendo avanti e iniziano a raccontare alcune storie molto interessanti. Uno di questi fatti riguarda il concorso bandito nel 2010 per l’assunzione di 11 guardabarriere. Un concorso di cui già all’epoca si parlò molto. Tanto clamore e poi la solita festa a tarallucci e vino. Le cose inedite e arcinote che abbiamo pubblicato finora meriterebbero altri approfondimenti, non certo giornalistici. Il concorso prevedeva una prova scritta e una orale, con centinaia e centinaia di candidati. Le selezioni – lo ricordiamo – furono organizzate e gestite dall’agenzia di lavoro interinale barese In Job, in via Devitofrancesco.

Sul sito dell’agenzia fu pubblicata una prima graduatoria, secondo quanto apprendiamo dalle cronache di allora dalle 18.30 alle 18.46. In sedici minuti, poi, è cambiato tutto. Dopo quel breve lasso di tempo, di quell’elenco non ci fu più traccia, sostituito da una seconda classifica. «Non c’è stata nessuna doppia graduatoria – spiegano dalla in Job – abbiamo consegnato l’elenco all’azienda e alle autorità competenti». Qualcuno, però, fece in tempo a stamparla quella prima serie di nomi. Con le carte in mano minacciò di fare ricorso al Tar. Lo sapevano tutti. Sì, perché ci fu un fatto molto curioso. La prima versione pubblicata per errore e quella ufficiale non combaciavano. L’errore – si disse – sarebbe stato quello di pubblicare una classifica che non teneva conto della somma dei punteggi del concorso. Insomma, era parziale e quindi non veritiera. Il fatto sollevò polemiche a non finire. I candidati che ritennero di essere stati raggirati iniziarono a organizzarsi per la presentazione di un ricorso comune.

«Quella selezione – continuano dalla In Job – è stata uno dei nostri fiori all’occhiello. La vinse una donna, figlia di un dipendente delle FAL, che veniva quasi tutti i giorni da noi per capire come potesse aiutare la figlia. La ragazza non aveva alcun bisogno d’aiuto era molto brava. Il fatto che fosse donna, poi, ci inorgogliva». Una situazione che un po’ cozza con un’altra ammissione della In Job: «Non sapevamo quali fossero gli eventuali figli dei dipendenti delle Ferrovie Apulo Lucane».

Risolto l’errore, chi era nelle prime posizioni finì nelle retrovie e chi, al contrario, era in posizioni non invidiabili, passò nelle primissime posizioni. Probabilmente frutto di una prova orale strabiliante. Questo racconta chi giura di aver subito un torto. Del ricorso non se ne fece più niente perché, a quanto pare, nessun altro concorrente ebbe la prontezza di stampare il documento. Le cose in qualche modo si aggiustarono. Gli scontenti si accontentarono e fu mollata a presa. Sembra fosse proprio il figlio di un dipendente delle Fal a rinunciare all’idea di ricorrere contro l’azienda. A quel concorso parteciparono diversi figli di ferrovieri, ma anche di persone che in qualche modo avano a che fare con il settore, anche direttamente con le Ferrovie Apulo Lucane.

La vita, però, prosegue, tra opportunità negate e voglia di riscatto. Uno dei quattro candidati che si sono fatti avanti leggendo la nostra inchiesta – con altri particolari in arrivo – ha ripreso l’Università e lavora per pagarsi gli studi. Non ha mai digerito quel concorso pieno di ombre, che gli avrebbe negato il posto fisso, per di più in un’azienda pubblica. Il massimo di questi tempi. Cinque anni fa la cosa che meravigliò subito anche i dipendenti più allineati fu proprio il numero di guardabarriere da assumere in considerazione dei pochi passaggi a livello da guardare. Il mistero si risolse nel giro di un paio d’anni. Alcuni di quei gradabarriere, anche un paio di figli di dipendenti, hanno fatto carriera, passando ad altre e meno umili mansioni.

Anche su questa  vicenda il presidente e direttore generale Matteo Colamussi potrebbe rispondere per iscritto, magari in maniera più convincente rispetto a quanto fatto l’ultima volta. Per ora i passaggi a livello delle Fal si aprono a piacimento per alcuni, mentre per altri restano perennemente chiusi.