L’odissea di Giuseppe Marcato comincia quattro anni fa quando, fallita la sua attività di artigiano, si è ritrovato senza casa e senza lavoro. Con sua moglie e quattro figli ha vissuto per strada, in edifici abbandonati, in carcasse di auto, finché non ha trovato riparo abusivamente in un vecchio rudere sul lungomare di Bari. Con la famiglia viveva tra topi e amianto, senza elettricità, servizi igienici o acqua corrente, in una zona frequentata da malviventi e prostitute sul lungomare Di Cagno Abbrescia.

È lo stesso Giuseppe a raccontarci di come i nomadi gli rubassero continuamente quel poco che aveva in casa e di come i frequentatori della zona scambiassero sua moglie e le sue figlie per prostitute. All’ennesima richiesta di una prestazione sessuale, Giuseppe ha deciso di abbandonare anche quell’alloggio, dividendo la sua famiglia. Ora vive nel deposito di un negozio, tra attrezzi per la lavorazione del legno e casse di prodotti imballati, ospitato dal titolare dell’attività, suo amico, col quale si sdebita eseguendo piccoli lavoretti. Giuseppe chiede un alloggio popolare in cui riunire la sua famiglia.

Una storia di drammatica povertà, ma non unica e nemmeno rara.  Non vi stupisca se avete già sentito il suo nome, se la sua faccia non vi è nuova o se conoscete già la sua vicenda, perchè la parte più curiosa della disavventura di Giuseppe è la sfilata di politici che negli anni, soprattutto sotto elezioni, gli hanno promesso di risolvere la situazione. L’ultima, in ordine di tempo, a suo dire è quella fatagli dal sindaco di Bari. Lo scorso settembre, intervenuto in una trasmissione radiofonica, il primo cittadino avrebbe dichiarato che Giuseppe era all’ottavo posto nella graduatoria per l’assegnazione di una casa popolare e che entro un mese da quel giorno, avrebbe ottenuto l’alloggio. Da quell’intervento sono passati sei mesi. Giuseppe non solo non ha ottenuto la casa, ma addirittura è sceso in graduatoria intorno al trentesimo posto.

Siamo in piena campagna elettorale per le prossime elezioni regionali. Il periodo per eccellenza in cui candidati e faccendieri fanno fiumi e fiumi di promesse, anche quando si sa perfettamente di non poterle mantenere. La campagna elettorale non è solo il momento in cui si presentano idee e programmi – spesso pochi e confusi – ma anche quello dello stravolgimento di capisalti dell’etica, non solo politica, come rispetto, lealtà e dignità. Se si è consapevoli di non poter essere di parola, meglio tacere.