Con sconcerto abbiamo letto e con piacere pubblichiamo la lettera aperta scritta da Francesca Mangiatordi, uno degli operatori sanitari che ha assistito i sette ragazzi arrivati contemporaneamente al Pronto soccorso dell’ospedale della Murgia dopo l’eplosione alla salagiochi Green Table di Altamura. Nei giorni scorsi avevamo denunciato tutti i limiti del Pronto soccorso e del 118. Limiti che, purtroppo, si sono concretizzati in tutta la loro drammaticità.

La dottoressa Mangiatordi, 41 anni, è a Gravina dal 2007, dopo aver girato in lungo e in largo per l’Italia. Dirigente medico. Ha sempre lavorato nel servizio di emergenza urgenza, anche nel 118. È specialista in medicina interna e cardiologia, oltre a essere dirigente sindacale dell’Usppi. Una voce autorevole e credibile alla quale la direzione dell’ospedale Perinei e il direttore generale della Asl di Bari dovrebbero dare ascolto per migliorare un servizio ormai al collasso.

LA LETTERA

Sono uno di medici in prima linea di quella notte drammatica. Ho ingoiato per troppo tempo le vane promesse dei dirigenti, in attesa di migliorare il lavoro mio e dei miei colleghi e paramedici in Pronto soccorso. Siamo arrivati al punto di non ritorno! Si aspettava un’emergenza del genere? ben sette pazienti sì, sette pazenti, gravi assistiti in condizioni di operatività a dir poco limitata. Mi sono fatta avanti in prima persona, evidenziando le criticità e in cambio come si comportano loro?

Ti minacciano di trasferirti, di farti rapporti disciplinari. Quando, poi, capiscono che stai chiedendo solo quello che ti è dovuto per lavorare in maniera decente e in sicurezza – non dico al meglio – e che tiri fuori le unghie per ottenere quello cha hai richiesto, tentano di rabbonirti e tenerti buona in altri modi. Ma quando ti trovi in una situazione al limite, come la notte della bomba esplosa e ti trovi a guardare negli occhi quelle persone che ti chiedono aiuto, che ti chiedono di salvarle, di stargli vicino, ma sai che il sistema ti ha messo in condizione di sbrigartela da sola, senza darti i mezzi per lavorare in maniera decente, allora la rabbia sale.

In quel momento vorrsti solo che chi ti ha messo in quelle condizioni, chi ti ha minacciato con trasferimenti o rapporti disciplinari per farti tacere, stia li a guardare quelle stesse scene che tu stai vivendo in prima persona. Hai voglia di gridare che non è giusto, non è possibile lavorare in questo modo! Siamo professionisti e facciamo un lavoro delicato e pericoloso in prima linea. Non stiamo in una caserma a prendere ordini e subire insensate punizioni, Che sia chiaro una volte per tutte!

Francesca Mangiatordi