Quando Marte entra in Plutone o il periodo natalizio corrisponde alla manciata di mesi che precedono una tornata elettorale, meglio se regionale, è possibile assistere a fenomeni visibili anche a occhio nudo: l’infornata delle stabilizzazioni. Un evento raro, ma non impossibile che, per ogni contento, ne scontenta altri mille. Dopo il contestatissimo concorso per l’assunzione di 200 posti di categoria D1 alla Regione Puglia, ieri è arrivata la decisione dell’Assemblea del Teatro Pubblico Pugliese, di regalare ai suoi 23 precari un futuro stabile.

Si tratta di personale entrato a vario titolo dal 2009 in poi, vincitori di avvisi pubblici per contrattati di collaborazione e determinati. Avvisi pubblici, non concorsi. La differenza è abissale. Tempi evidentemente così determinati da essere necessarie proroghe su proroghe, fino ad arrivare alla fatidica soglia dei 36 mesi consecutivi, che danno diritto all’agognata e indeterminata assunzione. Il meccanismo è sempre lo stesso: far entrare persone dalla finestra, per poi spalancargli il portone della stabilizzazione, senza garantire a tutti le stesse possibilità. Del resto, la legge parla chiaro. Se hai lavorato tre anni consecutivi, l’ente ha l’obbligo di assumerti a tempo indeterminato.

Se proprio c’era bisogno di altre 23 unità lavorative a tempo indeterminato, sarebbe stato opportuno bandire un concorso per quella tipologia di contratto prima di ritrovarsi una pistola puntata alla tempia, evitando il solito teatrino dei rinnovi. Tanti pesi, però, e ancora più misure. Basta pensare alle recenti proteste nel settore della sanità, oppure alla crociata per la trasparenza all’interno del Petruzzelli del presidente della Regione Nichi Vendola e dell’assessore regionale alla Cultura Silvia Godelli che, purtroppo, continuano a ignorare i “clan” (le famiglie all’inglese, come ha spiegato il sovrintendente Biscardi) che si spartiscono la maggior parte della torta.

I 23 del Teatro Pubblico Pugliese sono stati assunti perché, avessero fatto causa contro l’ente, avrebbero vinto a mani basse. Nessun giudice gli avrebbe dato torto. La domanda, però, nasce spontanea: distrazione, dolo o negligenza? In ogni caso la puzza di bruciato resta.

Se questa è stata la ragione che ha portato a modificare la pianta organica del Teatro Pubblico Pugliese, perché al Petruzzelli, invece, si è preferito sbattere fuori decine e decine di precari, che hanno fatto più di un centinaio di cause? Si tratta di processi che andranno avanti ancora per anni; molti non si arrenderanno e tireranno dritto fino alla Cassazione per vedersi riconosciuto un diritto sacrosanto, lo stesso dei 23 del Tpp e delle migliaia di lavoratori di tutti i settori nella stessa condizione.

Al Petruzzelli, però, è stato fatto peggio. Un obrobio con pochi precedenti. Gli assunti del Coro e Orchestra voluti tra mille proclami dal Commissario Fuortes, i vincitori degli osannati contratti triennali, il 31 dicembre del 2015 dovranno andare a casa, perché la legge nazionale non prevede stabilizzazioni. Precari su precari, cause su cause per quel delirio di onnipotenza che fa prendere scelte diverse a seconda delle circostanze, delle appartenenze politiche, personali, piuttosto che dettate dall’esigenza di tutelare il bene comune.

E allora assistiamo a quest’altra operazione protetta da una legge che, come ripetiamo fino alla raucedine, non è uguale per tutti. In questi anni la Puglia ne è stato un esempio chiarissimo. Dal canto nostro auguriamo Buon Natale a chi continua a cercare lavoro e chi ormai si è rassegnato e un lavoro non o cerca nemmeno più.