Padre nostro, che sei nei cieli… Non ci resta che pregare. Ciò che vi racconteremo nel duecentesimo articolo sullo sfascio del sistema 118 in provincia di Bari e sull’incapacità di porre rimedio agli errori del passato, ha davvero dell’incredibile. I fatti risalgono appena a ieri (sabato 20 decembre ndr).

La vecchia e ormai scassata “Mike” (ambulanza medicalizzata) di Gravina, con 250mila chilometri sul groppone, rischia di rimanere senza ruota anteriore. Tutta colpa di un braccetto già malconcio. Secondo il meccanico il mezzo non può essere impiegato in quello stato. Il medico in servizio avrebbe provato a metterlo in stand by (indisponibile in attesa di essere sostituito o riparato), ma da Triggiano – sede del Coordinamento del 118 – dicono che non ci sono alternative.

È a questo punto che si consuma l’assurdo. Se non ci fossero in gioco vite umane, potrebbe essere una barzelletta. La decisione, arrivata dal coordinatore del 118, Antono Dibello, è lasciare all’ospedale della Murgia il mezzo scassatto del servizio di emergenza e prenderne uno in prestito dal Pronto soccorso, ovviamente non attrezzato a dovere per svolgere al meglio tutti i compiti richiesti alle ambulanze del servizio di emergenza-urgenza.

L’equipaggio scopre il territorio per andare in ospedale e preparare come meglio possibile il mezzo in servizio al Pronto soccorso. Durante le operazioni di allestimento arriva una chiamata dalla centrale operativa (l’ennesima anomalia): prendere un bambino con insufficienza renale dall’ospedale della Murgia (in codice giallo) e portarlo al Giovanni XXIII di Bari. L’equipaggio, medico in testa, è disorientato. Tant’è. Terminato il trasbordo del materiale dall’ambulanza guasta a quella ospedaliera (senza alcun fregio del servizio di emergenza), il piccolo e un genitore vengono caricati a bordo. Una serie di procedure illegittime senza alcuna autorizzazione scritta. Tutto a parole.

Qualche domanda nasce spontanea. È normale che al posto di mandare ad esempio una delle automediche assicurate, attrezzate e abbandonate fino ancora fino al primo gennaio, abbiano scelto ancora un’ambulanza ospedaliera? A chi spetta attrezzarla, trasbordarla e pulirla? È normale che in un momento delicato come quello di un’avaria, si venga chiamati per un trasporto secondario – per così dire – di un piccolo cui si sarebbe dovuto garantire un altro tipo di assistenza, ovvero con l’equipaggio ospedaliero che lo ha preso in carico alla Murgia (pediatri, nefrologi e compagnia cantando)? È normale farlo salire su quel mezzo e affidarlo a un equipaggio 118 che, fuori protocollo, è costretto a trasportarlo a Bari, accollandosi responsabilità non indifferenti per le possibili implicazioni medico-legali derivanti dal mancato rispetto delle regole basilari? E se al piccolo fosse successo qualcosa durante il viaggio? E il territorio scoperto dal 118 per qualche ora,  perché impegnato in quel trasporto “secondario” che avrebbero dovuto assicurare altri medici?

La cosa più grave è che tutto questo sia avvenuto proprio all’ospedale della Murgia, il cui direttore del Pronto soccorso è Antonio Dibello, che è anche il coordinatore del 118 barese e docente nei corsi di formazione aziendali di primo soccorso. L’impronta iniziale lasciata da Dibello, non sembra certo essere innovativa e nel pieno rispetto dei protocolli sanitari. A quanto pare, i medici del 118 che operano nel territorio murgiano sono tappabuchi utili a ogni evenienza, in un sistema, quello del rapporto con il Pronto soccorso della Murgia, che fa acqua da tutte le parti.

E l’ambulanza scassata che fine ha fatto? L’aggiusteranno anche se a breve le sette postazioni aziendali, compresa quella di Gravina, saranno affidate alle associazioni di volontariato? Per il momento, l’unico protocollo di trasporto secondario stabilito per il 118 dal Pronto soccorso all’ospedale Miulli (con tutti i tempi immaginabili per l’area murgiana) è quello IMA-SCA.

Un bambino con quella patologia, a nostro avviso, sarebbe dovuto essere accompagnato dagli specialisti della materia, con un mezzo di soccorso e trasporto ospedaliero e non in queste assurde condizioni. C’è poi un incredibile paradosso. Veniamo a sapere che, mentre le ambulanze del 118 sono distratte dal loro compito specifico per trasporti ospedalieri con mezzi in prestito, privando il territorio di una sentinella fondamentale, qualcuna di quelle ormai celebri automediche da Triggiano parte alla volta di Poggiorsini per essere utilizzata con equipaggio a straordinario, in una missione – per così dire – di cortesia, in questo caso su richiesta del sindaco del paese in festa.

Insomma, siamo in presenza di un 118 all’occorrenza a gestione “speciale”, esattamente come fosse una qualunque multiservizi. Senza contare – ma questa notizia è tutta da confermare – che uno degli autisti di una delle cinque postazioni in cui dal primo gennaio partiranno le benedette automendiche, per ora abbandonate nel parcheggio dell’ospedale Fallacara di Triggiano, se ne sta a braccia conserte in attesa che gli venga assegnato ufficialmente il mezzo. Le occasioni per mettere in modo una o più automediche sarebbero decine ogni giorno, invece, si preferisce operare mettendo a rischio pazienti e operatori.

Per quanto ci riguarda, gestire un sistema di emergenza urgenza, significa pianificare proprio l’imprevedibile e le “emergenze”. Così disorganizzato, chissà che risposta potrebbe essere data in occasione di una maxiemergenza. Un ospedale senza Unità di terapia intensiva neonatale, Unità di terapia intensiva coronarica, Otorinolaringoiatria, senza una Pediatria degna di questo nome e di altre unità operative promesse nelle locandine e mai avviate o sotto dimensionate, come nel caso già denunciato della Psichiatria che ospedale è?

Tra qualche mese ci sono le elezioni e tornerà il solito teatrino. Utenti e operatori sanitari, che continuano a mandare avanti il baraccone solo grazie alla propria dedizione, vogliono risposte, non promesse, perché ne hanno tutti le scatole piene.