Piange l’autista aggredito mentre parla al telefono. Una liberazione. I segni che il pestaggio gli ha lasciato sono soprattutto psicologici. La prognosi di quindici giorni per il trauma cranico, la faccia tumefatta e le escoriazioni dappertutto passa in secondo piano.

«Pensa cosa ho provato quando sono rientrato a casa e mia moglie e i miei figli mi hanno visto in questo stato, ero solo andato a lavorare per cercare di portare a casa uno stipendio dignitoso». Ci chiede scusa, come se essere picchiati selvaggiamente per aver fatto il porprio mestiere sia una colpa. È con lui che in tanti dovrebbero scusarsi: tutte le volte che le isituzioni lasciano andare avanti le cose per inerzia; tutte le volte che giriamo la testa dall’altra parte.

Il conducente della linea 2, che collega Japigia alle Piscine Comunali, è stato preso a calci e pugni da due nordafricani. Non se ne abbiano i bigotti e i difensori dei diritti uguali per tutti e a tutti i costi, a maggior ragione il 10 dicembre, giornata in cui si “celebra” il vincolo universale dei diritti umani. Fossero stati baresi avremmo detto che erano baresi; olandesi fossero stati olandesi, americani, norvegesi. In ogni caso senza biglietto.

Ieri sera, poco prima delle 22.30 l’autista, un 49enne alla sua prima aggressione, si ferma in via Andrea Da Bari e apre la porta posteriore del mezzo per far salire due nordafricani. Questi, però, iniziano a prendere a calci la porta centrale. Sono ubriachi, vogliono entrare da lì a tutti i costi. Il conducente li accontenta, ma la sua spiegazione evidentemente non basta. I due gli si scagliano contro improvvisamente; gli mettono una mano alla gola e due dita negli ogghi. «Ho iniziato a pregare – racconta – sperando si risolvesse tutto in breve tempo».

Prova a difendersi, ma gli aggressori lo braccano, sono ubriachi e particolarmente violenti. L’autista finisce a terra e loro continuano a inveire e picchiarlo. Sull’autobus ci sono due signore. Una scappa, l’altra esce dal mezzo e inizia a urlare: «Aiutateci, stano picchiando l’autista». Dopo cinque minuti arrivano due poliziotti. Un africano scappa, l’altro viene catturato. È un tunisino di 27 anni.

L’ammissione di uno dei due agenti vale come un altro, l’ennesimo, calcio in faccia: Lo abbiamo già fermato per un’altra aggressione a un altro autista di autobus, spiega più o meno rassegnato mentre lo carica in auto per portarlo in Questura. L’autista viene trasportato in ospedale e medicato. Quando esce sono ormai passate le due del mattino.

«Non è più un piacere andare a lavorare – conclude amareggiato – i mezzi sono vecchi, siamo oggetto di aggressioni continue. Ieri sera ho creduto davvero di morire. Ho rischiato di perdere la vista, ma questo non cambierà niente» e un pensiero va ai colleghi, perché può succedere a chiunque e a qualunque ora del giorno e della notte. La ricapitalizzazione è un’altra cosa.