Abbiamo paura. Abbiamo paura di tutto ciò che non conosciamo, di quello che potrebbe cambiarci la vita; non importa se in meglio o in peggio. Abbiamo paura. Un residente del quartiere Libertà è preoccupato perché è stato testimone oculare di ciò che possono fare “quelle persone”, ma “non è che siamo razzisti”. Una nonna, uno dei residenti del palazzo di fronte all’ex Set, ha “bambini e ragazzi…”.

Anche i circa 200 migranti trasferiti da Santa Chiara hanno paura. Il loro, però, è un sentimento diverso. Si preoccupano di essere divisi; di vedersi sottrarre quel briciolo di libertà che gli è rimasta o finire in qualche casa famiglia in cui si entra ed esce a orari prestabiliti. Hanno paura di perdere le proprie cose, una manciata di stracci e oggetti di poco valore che solitamente stanno in una busta. Hanno paura di dover vivere in una tenda per il resto della vita. Sempre meglio della paura di essere ammazzati in qualasiasi momeno dentro casa nel Paese da cui sono scappati.

Il sindaco di Bari, dopo essere stato nella tendopoli e aver seguito le varie fasi del “trasloco” da Santa Chiara all’ex Set, ha detto una cosa più forte di pugno in faccia: da sindaco mi vergogno un po’ per le tende, queste persone meritano una seconda accoglienza. Lo ha detto senza spavalderia. L’ho intervistato centinaia di volte. Era sincero. Anche lui ha una paura fottuta, di fallire ancora una volta, come chi lo ha preceduto, forse perché troppo spavaldo.

La sistemazione nella tendopoli è provvisoria. Tra quarantacinque giorni – comunque nei tempi di una gara pubblica – i migranti andranno via da quel capannone, che è sempre meglio di una tendopoli all’aperto. Andranno a stare da qualche parte nei container che lo Stato sta acquistando. Uno Stato in debito con gli italiani ridotti all’osso, indipendentemente dall’aiuto che dà ai profughi.

Abbiamo paura e quindi ci sarà un controllo costante all’ex Set e, dalla settimana prossima, anche un presidio sociale, affidato ad alcune associazioni. Un modo per evitare che quel posto diventi un ghetto. Tutto questo in attesa che altre persone, baresi e migranti, vadano a stare a Villa Roth (per la verità qualcuno nel villone in parziale ristrutturazione c’è già).

La paura solitamente genera coraggio, qualunque sia la sua radice più profonda. Allo stato in cui siamo, probabilmente è arrivato il momento di guardarsi negli occhi, ognuno facendosi carico delle proprie responsabilità. La paura ce l’ha chi vuole mandare i profughi nei loro paesi a calci nel culo, perché rubano il lavoro, la casa e i sussidi a noi italiani – “persino le sigarette gli dobbiamo comprare” – ma ce l’ha anche chi ha deciso che siamo tutti della stessa razza e che di conseguenza abbiamo lo stesso diritto alla dignità.

Nel video ascolterete le voci del sindaco, dei migranti, dei residenti e di alcuni assessori. Pensieri che devono trovare una sintesi per trasformare quella maledetta paura nel coraggio di evitare una guerra tra poveri, in cui siamo tutti perdenti.