Dopo il nostro servizio sulla consegna del kit anti-ebola scaduto in una postazione barese, dal coordinamento del 118 sono corsi ai ripari, un po’ com’è successo per il concorso all’indomani della nostra denuncia in merito agli infermieri messi sulle ambulanze senza i titoli necessari. Ieri mattina è partita una telefonata a postazioni e punti di primo intervento. È stato chiesto di fare un inventario di tutti i dispositivi di protezione personale consegnati per trattare adeguatamente possibili pazienti sospettati di aver contratto il virus ebola.
Nessun allarme, però. Lo ricordiamo a scanso di equivoci. Ciò non toglie che la dotazione di materiale scaduto, in alcuni casi da mesi, è una circostanza sulla quale non è escluso un interessamento del Nucleo anti sosfisticazione dei carabinieri. Di chi è la responsabilità di questa ennesima svista? E se fossimo realmente stati in emergenza? Detto questo, l’inventario chiesto telefonicamente avrebbe prodotto un effetto domino, permettendo di accertare che ci sarebbero diverse mascherine e tute made in Cina e Vietnam (pare non idrorepellenti, ma di carta come quelle degli imbianchini o degli operatori della nettezza urbana) scadute da mesi, in più di una postazione e punto di primo intervento. Un ulteriore esempio – se ce ne fosse ancora bisogno – di mancanza di controllo e organizzazione nella catena dell’emergenza-urgenza che fa capo alla Asl di Bari.
Per ora lasciamo aperta l’ultima domanda. Qualcuno ha potuto trarre un vantaggio dalla consegna del materiale scaduto o si è trattato solo di assoluta mancanza di vigilanza? Siamo andati in alcune farmacie per capire quanto costano i presidi anti-ebola previsti nel protocollo ministeriale del 6 ottobre scorso.