In questi ultimi due anni abbiamo raccontato decine e decine di casi di presunta malasanità (purtroppo anche non presunta in alcuni casi); parlato dello sfacelo del 118, del comportamento inumano di molti medici. Vi abbiamo condotto in un viaggio bestiale. Non una caccia alle streghe, ma il racconto di una verità amara, che spesso costa la vita a qualcuno. Lo abbiamo fatto in un momento storico in cui la percezione dell’efficacia della sanità pugliese è ai minimi storici. Non ditelo ai politici, però. Per loro va sempre tutto bene. Ciò che conta sono i numeri.

Oggi, sentiamo il dovere di amplificare lo sfogo in rete del professor Nicola Laforgia, direttore della Neonatologia e Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Bari. Il medico ha scritto per stigmatizzare l’aggressione subita da tre medici del suo reparto da un padre convinto che non fosse stato fatto abbastanza per suo figlio. In questo caso noi siamo dalla parte dei medici, di tutti i medici, che fanno il proprio lavoro scrupolosamente, senza badare all’orologio e comunque capaci di una carezza o una parola di conforto anche nelle situazioni peggiori. A tutti i medici capaci e scrupolosi. La Puglia ne è piena. In mezzo a tanta malasanità, c’è un bel numero di professionisti che non possono essere lasciati soli.

LO SFOGO DI NICOLA LAFORGIA:

Non mi era mai capitato di subire una violenza verbale e quasi fisica come è successo ieri. Il padre di una neonata cui, 8 mesi fa, abbiamo letteralmente salvato la vita, diagnosticando una coartazione dell’aorta a una settimana di vita (non c’era alcun dato prenatale e nei primi giorni aveva superato anche lo screening per cardiopatie con la saturimetria pre- e post-duttale) si è presentato qui, inveendo, provocandomi a parole e gesti, accusando tutti noi di non far fare tutti i controlli, di manomettere le cartelle e di far fare gli esami agli ausiliari!

8 mesi fa, i miei collaboratori l’avevano visitata, quando era stata riportata da noi, perché “non respirava bene” (e dopo essere stato dal suo pediatra il pomeriggio precedente) e immediatamente fatta la diagnosi, dopo averla stabilizzata, era stata portata al Giovanni XXIII per l’intervento. Personalmente ero anche stato al Giovanni XXIII per vedere come stesse e quando sarebbe stata operata.

Avevo poi saputo che era stata dimessa e, sinceramente, mi aspettavo che, dopo essersi informato sulla patologia, venisse a ringraziarci. Tutt’altro. Ho anche provato a spiegare cosa succede nelle coartazioni aortiche dotto-dipendenti (una cardiopatia congenita), come possa succedere che si scompensino dopo diversi giorni dalla nascita, potendo essere del tutto asintomatiche, capaci anche di superare lo screening con saturimetro nei primi giorni, e come il nostro lavoro abbia salvato dalla morte sua figlia, che stava curando con l’aerosol.

Ma ho ricevuto insulti, minacce, spintoni (anche alle mie collaboratrici) e ho dovuto chiamare la forza pubblica e, ovviamente, denunciarlo. Aveva il sangue agli occhi e voleva solo colpire me, solo me, che pure non avevo mai visitato in prima persona la figlia. Non ha voluto ascoltare nulla, voleva solo la rissa e se avesse avuto un’arma, sono certo che l’avrebbe usata. È venuto solo ad insultare, a provocare, a urlare. Perché dopo 8 mesi? Non lo so e me lo chiedo ancora dopo più di 24 ore.

È stato davvero un momento molto difficile per tutti, c’erano famiglie in ambulatorio, genitori in reparto, molti di noi sono rimasti sconvolti. Io per primo. Ma perché accadono queste cose? Perchè chiunque si può permettere oggi di insultare e minacciare chi non solo fa il proprio dovere, ma addirittura salva una vita? Chi sobilla queste persone? Cosa può scatenare una follia come questa, le cui evoluzioni nessuno può intuire.

Interruzione di pubblico servizio, oltraggio a pubblico ufficiale, minacce, ma il buon sig. X è libero di girare e magari di tornare a minacciare o di aspettarmi sotto casa. Ma io non posso reagire. Sono un medico e posso solo continuare a fare il mio lavoro.