Nomine sottobanco, riunioni “segrete” e una notizia sensazionale: dopo anni di denunce, lotte e proteste, si scopre che a Bari il Dipartimento di Emergenza-Urgenza della Asl (Direu) non è solo una leggenda metropolitana. Esiste davvero. E ha persino un direttore, il professor Paolo Sardelli, primario del Reparto di Chirurgia Toracica dell’ospedale San Paolo di Bari. Sardelli, quello dello scandalo che travolse il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, successivamente prosciolto dall’accusa di concorso in abuso di ufficio per la sua nomina a primario. Come e quando è stato nominato alla guida del Dipartimento? E da chi? Per quali competenze specifiche? Quanto guadagna? Come per quella del coordinatore primario facente funzione, il dottor Antonio Di Bello, anche la nomina di Sardelli è ad interim, in attesa di un concorso pubblico?

Per ora sembra la solita lottizzazione di poltrone e incarichi. Sardelli non è l’unico. Cosa c’entra il primario con il 118 se, come pare, non abbia un’esperienza particolare nella gestione di un sistema che ha inghiottito anche l’espertissimo ex coordinatore barese del 118, Marco De Giosa? La scoperta casuale della nomina del primario a capo del disastroso sistema di Emergenza-Urgenza barese, secondo quanto trapela in questi ultimi giorni dai corridoi dell’ex CTO (sede della ASL Bari), ha fatto il giro delle postazioni del 118, tra lo stupore di medici, infermieri e autisti. Non è dato sapere se esista una delibera, un decreto, un qualsiasi provvedimento, anche a volerlo verificare sul sito web della Asl.

Se inserisci il nome di Sardelli nel portale, infatti, viene fuori il Diparimento aziendale di Area Critica, sinonimo di Dipartimento di Emergenza-Urgenza, ma nessun riferimento alla delibera di nomina. Tra le altre cose, però, il nome di Sardelli viene citato nell’elenco dei dirigenti con incarichi extraistituzionali. Non è tuttavia specificato se a titolo gratuito o con quali emolumenti.

LE AUTOMEDICHE ABBANDONATE

Lo scatafascio del sistema, che ormai non risponde più alla sua missione iniziale, è totale. Lo sanno bene l’assessore Pentassuglia, i dirigenti negli uffici nel palazzo di via Gentile, ma lo sanno soprattutto gli operatori sanitari. Negli ultimi giorni si sarebbero susseguite riunioni, convocate senza troppo clamore per cercare di salvare il salvabile. Il chiodo fisso, che potrebbe infilzare più di un dirigente, resta il mancato utilizzo delle ormai famigerate 13 automediche, comprate tre anni fa e lasciate a marcire in un parcheggio. Sempre secondo alcune indiscrezioni, pare che la Asl non demorda dalla sua folle idea di farle guidare da infermieri o dai medici ma non, come dovrebbe essere, dagli autisti.

I 70 autisti per mettere in moto le 13 auto, infatti, non ci sono. Non si può pensare di arruolarne di nuovi perché mancano i soldi. Non si può neppure rastrellarne altri perché già non ce ne sono abbastanza. Come si fa in questi casi? Si cerca di recuperare l’irreparabile sulla pelle di chi rischia la vita tutti i giorni per assicurare un servizio adeguato: medici e infermieri. A loro si chiede, senza soldi e ulteriori gratificazioni di alcun tipo, di provvedere a fare da taxi a sè sessi e, nel caso, anche ad assistere i cittadini in difficoltà. A loro si chiede soprattutto il silenzio per evitare di sbattere in prima pagina l’assurda idea.

Presidente Vendola, recentemente ha dichiarato: “Mai più nomine politiche nella sanità: ora vale solo il merito”. Benissimo, parole sacrosante. Ne è ancora convinto? In questo caso, forse, qualcuno non era presente quando lei pronunciava quel discorso.