Continuano ad arrivare testimonianze da chi ha dovuto ricoverare un figlio all’Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII. La vicenda raccontata da Alessandra sembra aver aperto un vaso di Pandora; dopo il racconto di Tiziana oggi pubblichiamo l’esperienza vissuta da Gabriella e dalla sua bimba di tre mesi.

«Non chiamatelo ospedaletto se in mancanza di posti in pediatria generale ti “chiudono” per due giorni nel reparto infettivi con la tua bimba di 3 mesi e nessun medico viene a visitarla perché non è il reparto giusto.

Non chiamatelo ospedaletto se il personale addetto ai prelievi è sgarbato e rimprovera i bambini terrorizzati perché non stanno fermi.

Non chiamatelo ospedaletto se nelle stanze (e in bagno) non c’è un fasciatoio, né un seggiolone, quindi devi far mangiare il bambino sul letto, devi cambiarlo sul letto, prelevare i campioni di urine e feci sempre sullo stesso letto e poi…se dopo 3 giorni chiedi delle lenzuola pulite ti dicono che non ce ne sono e devi portarle da casa.

Non chiamatelo Ospedaletto se in 6 giorni di ricovero non riesce a fornire un pasto adeguato ad un bambino con allergie alimentari né un solo barattolo del latte speciale usato dal bambino allergico.

Se trattano il papà alla stregua di qualunque altro visitatore, come se non fosse un genitore, urlandogli di uscire appena finito l’orario delle visite.

Se gli infermieri in piena notte urlano nei corridoi litigando tra loro. Se sempre in piena notte irrompono nelle stanze accendendo le luci non curanti del terrore che suscitano nei piccoli pazienti già duramente provati dalle estenuanti giornate ospedaliere.

Se gli addetti al macchinario per l’esecuzione di un esame invasivo e doloroso sono degli incompetenti che torturano con svariati tentativi e alla fine si lamentano con la madre perché il bambino ha urlato e non è stato “bravo”.

Non chiamatelo né Ospedaletto nè Ospedale…è un luogo orribile indegno del nome che porta».