La storia di Alessandra e le sue amare considerazioni sull’ospedale pediatrico hanno suscitato un vespaio di polemiche, in redazione siamo stati letteralmente sommersi di commenti. Da chi si è limitato a inveire a chi si è sentito profondamente colpito. Molti, seguendo l’esempio di Alessandra, ci hanno scritto per raccontare la loro storia.

Tiziana ha un figlio di un anno. Questo è quello che ci ha scritto dopo aver letto la storia di Alessandra:

«Non è un ospedaletto il posto in cui, per essere visitati dall’unico medico di guardia, bisogna attendere tre ore (documenti alla mano), in queste tre ore,  non sapevo dove andare a cambiare il pannolino al mio cucciolo di un anno (non c’è una nursery) ma ancora peggio non sapevo cosa dargli da mangiare visto che non c’è possibilità di preparare del latte (di certo non potevo dargli un pacco di crackers).

Inoltre questi poveri bimbi, spesso febbricitanti, sono costretti a stare in questa sala di attesa sporca di  vomito (visto che di domenica non c’è l’addetto alle pulizie, quindi a terra carta per tamponare), oltre al fatto che dovrebbe esistere una stanza di attesa differente per i bambini al di sotto di un anno per evitare il contagio di malattie esantematiche dai più grandi, semmai ci fossero bimbi con questi virus.

Si potrebbe anche aspettare inutilmente visto che la sera non c’è né l’otorino né il dermatologo e ti mandano al policlinico a fare la consulenza (assurdo).

Detto ciò, bisognerebbe incominciare a fare un po’ di rumore, perché se è vero che i bambini sono il futuro questo non è il modo di trattarli!»