L'ospedale pediatrico Giovanni XXIII.

Liste d’attesa e 118, due temi caldi di cui ci stiamo occupando da tempo. Certo, la sanità pugliese ha fatto qualche passetto avanti rispetto al passato, ma c’è ancora tanto da fare e sistemare.  Ecco, ad esempio,  la lettera-testimonianza di Alessandra Erriquez, madre di un piccolo paziente del Giovanni XXIII di Bari, più conosciuto come l’ospedaletto dei bambini.

Il bagnetto, il piedino, il cavalluccio. Il vezzeggiativo è a misura di bambino. Ed è ciò che mi aspettavo dall’ospedale pediatrico Giovanni XXIII, meglio noto come ospedaletto. Ma no, non chiamatelo ospedaletto un posto dove un bambino non può stare con mamma e papà. Perché la regola principale è che uno solo è il genitore che accompagna. Se la mamma è ricoverata col piccolo, al papà è concesso l’orario di visita. Poco importa se il bambino ha solo due anni e non è autonomo, e lavarlo con la gamba fasciata dal piede al ginocchio è roba da acrobati.

Non chiamatelo ospedaletto, se di notte certe infermiere entrano senza ritegno nella stanza più e più volte per controllare se sia occupata (guardare sui registri costa fatica). Non chiamatelo ospedaletto un posto dove un bambino viene ricoverato perché la ferita rischia necrosi e devono monitorare. Ma non la domenica, certo che no, il rischio necrosi di domenica va in ferie, sa che il medico non c’è, viene solo per le urgenze.

Non chiamatelo ospedaletto un posto dove si rompe la macchina dei raggi e tutti i bambini restano ricoverati in attesa di giorni migliori. Dove se il bimbo, traumatizzato da ciò che ha vissuto, dalla lontananza da casa, dal fratellino, dal suo mondo, piange durante una medicazione e deve pure sentirsi rimproverato che piange senza motivo.

Dove i genitori di lunedì (giorno di caos apocalittico) non hanno diritto di sapere come sta il figlio e perché ancora bisogna restare in trappola. Dove non dimettono perché i medici sono in guerra tra loro e l’uno deve screditare l’operato dell’altro. Dove un neonato portato alle 8 per i gessetti ai piedini torti, alle 11 è ancora in sala d’attesa.
C’è la pastina, a misura di bambino, ma se la dai a pranzo e cena tutti i giorni, con cosa si nutre questo bambino? E se ti capita un intollerante al latte e allergico all’uovo, magari  proponi un’alternativa a frittata e  mozzarella. La competenza dei medici è fondamentale ma l’umanità non lo è di meno. Sarebbe bello. Bello davvero poterlo chiamare ospedaletto, con la consapevolezza fiduciosa di entrare in un posto dove tutto ruota attorno ai bisogni del bambino.

Alessandra Erriquez