Il direttore di un ufficio postale barese, un collega, gli assegni, una password, il licenziamento, la riassunzione, le nuove regole e una tentata truffa misteriosa. Sono gli elementi degni di un thriller. Per 24 mesi  la vita del tranquillo direttore di un ufficio postale è stata un inferno. La storia è complessa, degna di finire in un libro e allora ci limitiamo a sottolinearne gli aspetti più interessanti.

Due anni fa il direttore è fuori per due giorni dal suo ufficio. Allo stesso modo di quanto è sempre successo per prassi consolidata negli uffici postali d’Italia, consegna la password a un collega. Perchè? In caso contrario nessuna operazione e utenti con un diavolo per capello. Ve lo immaginate? Manca il direttore e l’ufficio si ferma, magari nel giorno di pagamento delle pensioni. Il nostro protaginista, però, non sa che la persona che stava operato con le sue credenziali avrebbe tentato di mettere in piedi una colossale e milionaria truffa ai danni di un pezzo dello Stato. Tutto ruota attorno ad alcuni assegni.

Non ci si mette molto a scoprire ciò che stava succedendo e allora il direttore viene licenziato da Poste italiane. A quel punto inizia il calvario. Due anni di battaglie in tribunale (e a considerare i tempi della giustizia italina non gli è andata neppure tanto male), prima che alcuni giorni fa il giudice emettesse la sentenza: il direttore non ha colpa per aver dato la password al collega e per le conseguenze del suo gesto e deve inltre percepire le 24 mensilità arretrate. Le motivazioni del reintegro si conosceranno solo tra qualche settimana. Intanto dignità, lavoro e reputazione sono stati recuperati appieno.

Lieto fine. Macché. Resta il mistero. Il direttore incriminato non è stato il colpevole di quella manovra, ma non si riesce a capire perché, assodata la tentanta truffa milionaria, non si sia andato a fondo nella ricerca delle responsabilità. E il “prestigiatore”? Pare non abbia avuto alcuna conseguenza.

Un merit, però, il direttore licenziato e riassunto lo ha avuto. Accortisi del malcostume in vigore (la consegna delle password a vice e collaboratori), nelle stanze dei bottoni di Poste italiane, hanno deciso di dotare anche altri componenti degli uffici di una loro personale chiave d’accesso per essere in grado di gestire le operazioni quotidiane in piena autonomia. In qusto modo si possono individuare prontamente i responsabili di eventuali raggiri o disservizi. Sulla vicenda abbiamo intervistato gli avvocati Nicola Armienti e Raffaele Pedone, che invitano i lavoratori vessati a non mollare.