Qualcosa nel feudo di Conersano sta cambiando. Recentemente è nato un comitato di dipendenti in cassa integrazione. La notizia arriva alla vigilia della presentazione del piano industriale che prevede un netto ridimensionamento del Gruppo Norba. La notizia è di quelle destinate a far discutere. Si contano sul palmo di una mano le occasioni in cui, in più di 30 anni di attività, i lavoratori della televisione della famiglia Montrone, abbiano alzato la voce. In questo modo probabilmente non era mai successo. Abbiamo deciso di pubblicare il comunicato così come ci è stato inviato e firmato da cinque dei lavoratori. Il malcontento, però, cresce e le firme nel giro di qualche giorno potrebbero moltiplicarsi.

Siamo i lavoratori dell’emittente televisiva Telenorba (tecnici e operatori di ripresa) e chiediamo all’azienda il rispetto dovuto. E’ giunta l’ora, infatti, di fare luce su situazioni poco chiare che vivono di silenzi e complicità. Il fatto che Telenorba abbia assunto, negli anni, un ruolo da ‘prima della classe’ nel panorama dell’emittenza locale non può e non deve legittimare comportamenti arroganti o violazioni di accordi e norme. Vogliamo sia ristabilita la legalità e il principio in base al quale la legge è uguale per tutti: non si può giocare con la vita delle persone!

Esigiamo risposte  da chi si erige pubblicamente a paladino dei diritti dei lavoratori e sottovaluta i diritti del proprio personale; da chi continua a ricevere cospicui finanziamenti (11 milioni e 400 mila euro secondo i dati del Corecom) e registra dati Auditel in crescita. Esprimiamo anche forti perplessità rispetto alla presunta crisi del gruppo Norba: a giudicare dagli investimenti per Radionorba TV (approdo sulla piattaforma Sky in collaborazione con Tgcom24), sbandierati ad alta voce, infatti, si direbbe il contrario. A questi si aggiungono gli accordi stipulati con l’Unione sportiva Lecce per la messa in onda di trasmissioni sportive, mentre ignoriamo se l’affitto degli studi venga pagato oppure ceduto gratuitamente. E ricordiamo che, da  mesi, molti lavoratori sono rimasti invece a casa, senza percepire neppure un euro.

In più saltano agli occhi alcune disparità tra i dipendenti: un gruppo di ‘fortunati’ continua ad essere retribuito con stipendi che arrivano fino a 4mila euro al mese, molti altri, invece, se la passano decisamente peggio. Gli stessi criteri di collocazione in cassaintegrazione risultano perlomeno “discutibili”: diciotto  persone (4 giornalisti e 14 impiegati), dal luglio 2012, usufruiscono della cassa in deroga a zero ore mentre un altro gruppo di lavoratori è stato collocato secondo la modalità della rotazione. Alcune mansioni, poi, dichiarate ‘soppresse’, sono state affidate a service esterni, anche se durante il periodo di ricorso agli ammortizzatori sociali non ci si può avvalere di ditte esterne , incorrendo in modo consapevole nel rischio di pesanti sanzioni, come l’immediato reintegro del personale. Del resto, come può un’azienda in crisi acquistare servizi all’esterno?

L’elenco delle nostre rivendicazioni è lungo: mancato rispetto della turnistica e delle ore di straordinario, fino a 20 ore in più del consentito; spostamento sistematico di personale in altri settori; ritardo nell’erogazione dei pagamenti (le mensilità arretrate sono dieci) determinato da una mancanza dell’azienda e non sono stati neppure consegnati tutti i documenti richiesti. All’interno del gruppo Norba vi è un clima di assuefazione disarmante, determinato dall’incertezza sul futuro cui si lega lo spettro del licenziamento alle porte per 50 dipendenti: il 30 giugno 2014 scadranno, infatti, i due anni di cassa concessi e con il rinnovo ottenuto solo fino a marzo.

Per queste ragioni chiediamo alle autorità competenti e agli organismi di controllo, l’istituzione di una commissione d’inchiesta che faccia luce sulle modalità di ricorso agli ammortizzatori sociali, restituendo i posti di lavoro arbitrariamente negati.