La situazione è più grave del previsto. Telenorba è in crisi, una crisi nera comunicata ai sindacati con un messaggio inequivocabile: nell’ultimo anno il fatturato è calato del 50%, bisognerà rivedere il piano degli esuberi. Altra gente a casa, ma a quali condizioni? Questa volta, però, a differenza di quanto è successo in passato, i sindacati non hanno mostrato crepe. Cgil e Uil sono rimasti compatti e hanno fatto sapere, altrettanto chiaramente, che si va avanti nella trattiva a una sola condizione: niente licenziamenti. In caso contrario salta tutto. Nel faccia a faccia delle scorse ore l’azienda, rappresentata dal capo del personale Lorenzo Laera e dal direttore generale Giuseppe Spada, non ha mai parlato di licenziamenti. Avendo dato più volte prova di inaffidabilità – non rispettando in buona parte l’accordo sindacale che ha consentito l’accesso agli ammortizzatori sociali – c’è comunque poco da stare tranquilli.

A giugno, infatti, indipendentemente da quanto saranno disposti i lavoratori a vendere cara la pelle o i sindacati a erigere barricate, il Gruppo Norba potrà licenziare senza troppi giri di parole. Ecco perché il mancato ricorso al termine licenziamento lascia inalterata la differenza tra il dire e il fare. Il fatto che uno dei lavoratori certi di perdere il lavoro a giugno se ne sia scappato, accontentandosi di qualche soldo pur di non correre il rischio di essere cornuto e pure mazziato, ne è la prova evidente (sull’argomento torneremo in maniera specifica). Sappiamo che i vertici aziendali seguono con attenzione ciò che pubblichiamo. Ne siamo lusingati ma, allo stesso tempo, molto preoccupati. Lusingati perché vuol dire che siamo una voce autorevole; preoccupati perché dovrebbero essere altri gli interlocutori e soprattutto altri i controllori, al netto delle esigenze da campagna elettorale.

I sindacati e soprattutto i lavoratori adesso aspettano il piano industriale, quello con i nuovi esuberi, che potrebbe arriavare molto presto. Secondo alcune indiscrezioni Telenorba avrebbe addirittura già inziato a incontrare singolarmente alcuni dipendenti per sondarne il livello di fedeltà. Una selezione preliminare in vista della scadenza dei due anni di cassa? Pare che il numero degli esuberi si conosca già da qualche tempo e che manchino solo parte dei nomi dei lavoratori da immolare sull’altare della crisi. Chissà se questa volta si terrà conto dell’anzianità di servizio, dei carichi familiari e di tutti gli altri parametri previsti quando ci si trova ad affrontare situazioni del genere. L’unica via d’uscita per evitare la guerra tra poveri – hanno fatto sapere Cgil e Uil – è rappresentata dai contratti di solidarietà: poco per tutti, invece di molto per pochi, come è successo finora.

In attesa di sapere in che modo l’azienda vorrà affrontare la difficile situazione e se i tagli riguarderanno tutte le grandi sorelle del Gruppo, a Conversano continuano a fare un po’ come gli pare. Il capo del personale, in una recente intervista aveva annunciato che i contratti con i service non sarebbero stati rinnovati. A partire dalla nott di Capodanno, invece, il loro impiego continua a essere costante e particolarmente oneroso. Ce ne sono due che vengono impiegati costantemente a Barletta, Foggia, Taranto, Napoli e Milano. Nessuno di questi è scaduto il 31.12.2013? Può darsi, per carità, ma difficilmente un’azienda firma accordi a acavallo di due anni. Tra Brindisi e Lecce, poi, alcune delle immagini vengono garantite da chi dovrebbe stare in cassa integrazione al pari di altri colleghi. Non solo, ci è stato inviato in busta chiusa – quindi certamente dall’interno – un foglio dei turni relativo alla penultima settimana di dicembre scorso, in cui si evince chiaramente l’impiego di alcuni dipendenti in settori diversi dal loro.

Il nuovo anno è iniziato da 17 giorni, ma le cattive abitudini non sono affatto cambiate. Siamo certi che i sindacati sapranno compattarsi anche su quest’altro fronte.