Sentiti gli autori, sulla faccenda della delibera 16 del febbraio 2013 della Siae, abbiamo voluto un parere più tecnico sulla questione della ripartizione dei compensi. Abbiamo chiesto un parere a un dirigente dell’Acep (Associazione Autori Compositori e Piccoli Editori).

«La delibera in questione, quella di cui parla Michele Marzella, è stata emanata dalla gestione commissariale, quindi gli organi sociali non erano stati eletti perchè era arrivato il commissario straordinario, ed è diretta a contrastare le alterazioni dei programmi musicali (cosiddetti borderò) che vengono fatti per favorire economicamente brani talvolta mai prodotti e pubblicati, a discapito di quelli realmente utilizzati. Quindi, diciamo, l’intenzione è giusta, ma è vero pure che la delibera, così com’è stata concepita, non permette di fatto la remunerazione dei brani effettivamente utilizzati in quel trattenimento, danneggiando professionisti seri e autori veri, come Michele Marzella che non si può certo definire un falso autore, anche se operanti in settori minori rispetto al panorama nazionale.

La gestione commissariale in mano a cui era la Siae fino allo scorso anno, è decaduta nello stesso giorno in cui è stata emessa la delibera 16, lo stesso 28 febbraio 2013. Il successivo 1 marzo, le nuove elezioni hanno portato alla costituzione del direttivo, presieduto da Gino Paoli, che oggi amministra la Società.

Quindi, anche se la motivazione di fondo è valida, questa Delibera ha creato il paradosso secondo cui oggi in Italia un giovane autore, iscrivendosi alla Siae per avere la tutela delle proprie opere ed obbligato dalla legge italiana sul diritto d’autore a compilare comunque il programma musicale, non riceverà nessun compenso a fronte dell’effettivo uso dei suoi brani, almeno non nei trattenimenti a carattere privato. Bisognerebbe puntare sull’esclusione dalla ripartizione di ogni programma musicale che presenti il minimo sospetto di falsità, colpendo in questo modo i brani fittizzi dei falsi autori, ma “salvando” tutti gli altri.

Oggi la Siae è regolamentata da un nuovo Statuto, approvato dalla precedente gestione commissariale, che basandosi sul voto pesato (un voto per ogni euro incassato) ha reso ovviamente molto più ampia la rappresentatività dei grandi autori ed editori rispetto ai professionisti più piccoli e che quindi sono in netta minoranza.

Ciò non toglie che in Siae oggi siedano autorevoli figure del comparto musicale e culturale italiano che, speriamo, sapranno cogliere tutte le criticità che stanno emergendo, anche perché dietro ad un Michele Marzella di oggi si può celare il Gino Paoli di domani. Sarei anche fiducioso che si possano trovare dei correttivi, perchè poi ci sono delle soluzioni che si potrebbero introdurre, come quelle volte ad individuare i brani realmente prodotti o i veri autori. Questa è una cosa che succede ad esempio in Svizzera. La Suisa (la Siae svizzera n.d.r.) dà molta più fiducia a una selezione di esecutori affidabili.»

Certo, a questo, però si unisce uno strumento potentissimo in mano alla Siae, ad oggi rarissimamente adoperato, la facoltà di annullare d’ufficio qualsiasi borderò abbia il minimo sospetto di falsità. Non è che per caso è stata scelta, dalla gestione commissariale, la strada più comoda, lavandosi le mani per chi, da lì a qualche giorno, avrebbe preso il suo posto? Due giorni dopo la delibera, si sono svolte le nuove elezioni, con uno statuto approvato dalla vecchia gestione commissariale, impugnato presso il Tar del Lazio da Acep, Arci e Audiocop. Ma questa è un’altra storia.