Rosa Maria Scorese è sorella di quella Santa Scorese, vittima di femminicidio oggi in via di canonizzazione. Abbiamo voluto parlare con lei del fenomeno, mettendo da parte moralismi e retorica.

Pensando alla vicenda di tua sorella, l’idea che avevi del fenomeno è cambiata da prima a dopo?
Sembrerà banale e scontato, ma no, non ho cambiato idea. La mia famiglia è di origini modeste, però stiamo sempre stati molto aperti, lontani dai pregiudizi, e non avrei mai potuto immaginare un mondo in cui fosse tollerata la violenza di genere. Oggi ancora di più, ma già da ragazza c’è sempre stato un atteggiamento di condanna verso la violenza in genere: fisica, psicologica o anche economica. Sento spesso di mie colleghe o amiche i cui mariti passano loro i soldi, pochi soldi per fare la spesa, creando questa forma di dipendenza. Come dico sempre, io uno così lo avrei già lasciato.

Non ti è mai capitato di pensare: tanto a me non succede?
Onestamente no, anzi, spesso vengo accusata di farmi carico dei problemi degli altri…

…in fenomeni di tipo sociale c’è spesso questo pensiero dietro…
…ah certo, poi quando ti tocca…quando il dolore ti coglie nel profondo, a maggior ragione ti senti investita di una responsabilità morale, e poi ti cali ulteriormente in quelli che sono i bisogni, le ansie, le angosce di chi lo vive.

Oggi 25 novembre i mass media sono invasi di scarpette rosse, drappi rossi…
…e domani?

…allora, serve realmente tutto questo?
Sinceramente, dipende: dallo stile con cui vengono fatte, da chi le promuove, dal tipo di persone che si vogliono coinvolgere…mi fanno proprio arrabbiare certi tipi di eventi fini a se stessi: spesso si mettono in mostra degli stereotipi per parlare degli stereotipi. Per dire: le scarpette rosse…combattiamo il fenomeno in questa maniera piuttosto che quest’altra, certi tipi di relazione…alcuni convegni sono una fiera di cliché del mondo femminile. Abolirei gran parte di queste manifestazioni, a meno che non siano altamente formative  soprattutto se mirate alle nuove generazioni in riferimento a un’idea di convivenza e di rispetto, ma lo si può fare il 26 novembre come il 30 dicembre e via dicendo. Davvero il 25 novembre dovrebbe essere tutti i giorni.

Giovani generazioni che sono forse più coinvolte rispetto ad altre, come mai secondo te? Può essere legato ad un maggiore libertà sessuale rispetto alla generazione precedente?
Sicuramente hanno una maggiore liberà, ma il danno lo abbiamo fatto noi della generazione precedente. Certo non sottovalutiamo il bombardamento mediatico che propone certi modelli di donne e di uomini tutti giorni, e non trascuriamo la situazione politica e sociale. Al di là della libertà sessuale, c’è tutto un mondo intorno a cui noi non sappiamo vigilare, mi ci metto anche io in quanto genitore,  molto spesso è più comodo per quelli dalle nostra generazione, abbiamo avuto molte più limitazioni e vorremmo in qualche modo riuscire ad essere amici dei nostri figli, concedendo loro il più possibile ed evitando certe responsabilità educative.

Non l’ho vissuto personalmente, però i giovani del ’68, gli hippy, i figli dei fiori, godevano di una liberà sessuale forse anche maggiore rispetto ad oggi, eppure non si è arrivato a tanto…
Anche io ero piccolina, però secondo me c’era una idea di cultura, accanto a peace&love etc, c’era un modo di leggere, di interpretare determinati autori e poi avevano comunque le briglie di una generazione di genitori molto più forte di noi, avevano altri modelli educativi e non mi riferisco per forza a quelli della Chiesa. Oggi questi atteggiamenti sono frutto di una cultura che non c’è.

Tornando ai giorni nostri, i numeri dicono che solo una donna su tre ha il coraggio di denunciare, eppure la cronaca è piena di storie tragiche. Che idea ti sei fatta, è in aumento il fenomeno o è aumentato il coraggio di denunciare?
Penso entrambi. Io per prima, dopo aver raccontato la storia di mia sorella, dico sempre: ragazze troviamo il coraggio di denunciare. Però vedi, riflettevo con una criminologa, una denuncia scatena, non sempre per fortuna, una reazione della persona maltrattante, dello stalker. Ancor prima delle denuncia, allora, ci deve essere la messa in sicurezza di chi denuncia, altrimenti siamo al cane che si morde la coda: io presento denuncia per non subire più le violenze, che invece di conseguenza aumentano. Il 70% delle donne ammazzate negli ultimi due anni avevano sporto denuncia. Allora, una denuncia deve poter avvenire in tutta sicurezza e deve poi garantire la sicurezza di chi sta denunciando. Questo serve.