Sempre più spesso sentiamo parlare di cybercrime, o cibercrimine, quel reato commesso via web o grazie alla tecnologia legata alla rete. Troppo spesso, però, si trascura il fatto che un crimine telematico si traduce in qualcosa di tangibile. Se è vero, ad esempio, che la sparizione di fondi da un conto-corrente avviene via computer, è vero che a questo corrisponde la non disponibilità di un certo capitale all’intestatario del conto.

Al Palazzo di Giustizia di Bari si è svolto il convegno “Hacking and cybercrime”, occasione in cui è anche stato presentato il libro “Fenomeno hacking. Analisi sociocriminalistica dell’intrusione informatica” scritto da Michele Nigretti e Francesco Barresi.

L’incontro, rivolto prevalentemente agli avvocati ma comunque aperto a tutti, ha trattato vari aspetti, dall’hackeraggio dei dispositivi elettronici alla sicurezza dei dati personali, offrendo diversi suggerimenti per rendere più difficile la vita ai male intenzionati, interessati ad entrare in possesso dei nostri documenti elettronici. In pochi sanno, ed esempio, che il solo modo per non rende recuperabile il contenuto di un hard disk è la sua distruzione fisica, una semplice formattazione di esso non rende inaccessibile il suo contenuto ad un esperto in materia.

Tra i relatori del convegno c’era il Prof. Vincenzo Mastronardi, titolare della Cattedra di Psicopatologia Forense e Direttore dell’Osservatorio dei Comportamenti e della Devianza all’Università Sapienza di Roma:

«Grazie ai nuovi strumenti giuridici che abbiamo a disposizione, utilizzando anche gli investigatori privati, possiamo fornire una panoramica ben chiara per svolgere diretta denuncia presso la Procura della Repubblica. Credo sia utile un allargamento dei compiti di investigazione anche al difensore e non solo alla Polizia Postale».

Dopo aver scontato la pena, chi ha pagato le proprie colpe deve iniziare un percorso di reinserimento nella società, in cui può essere molto utile un’esperienza di collaborazione pubblico-privato…
«Esiste il cosi detto trauma da scarcerazione: non sapendo che itinerario esistenziale dare alla propria vita, spesso gli ex detenuti vengono ri-reclutati dalla criminalità. Ecco perché già in corso di detenzione si insegna una attività, qualunque essa sia. Con delle borse lavoro, si creano delle piste esistenziali più funzionali e meno criminali. Stiamo per presentare all’amministrazione penitenziaria un nuovo progetto denominato “Prima del dopo” che estendiamo anche al Barone Colucci, già sensibile in passato a questo tema».

Barone Colucci cosa l’ha indotta ad avviare un percorso professionale con ex-detenuti?
«Come imprenditore ho avuto esperienze molto importanti con degli ex-carcerati alle mie dipendenze, molto positive. Credo che uno studio approfondito, con dei giudici preposti, possa portare a conseguire grandi risultati anche in termini di defluenza dalle carceri, con un sistema studiato a tavolino dei detenuti operanti, che lavorano. Si tratta di persone che hanno commesso degli errori, ma che con un percorso di lavoro possono essere recuperati e reinseriti pienamente nella società».