foto di repertorio

Il 118 pugliese non finisce mai di stupire per la leggerezza di una gestione che ormai fa acqua da tutte le parti, con gravi conseguenze per i cittadini e per gli operatori sanitari. In questo caso ci occupiamo dei medici, più precisamente dei precari storici: un centinaio sui 535 in convenzione.

“Si perde tempo causando disagi a catena, invece di risolverli i problemi come previsto da una legge regionale approvata all’unanimità ad aprile dello scorso anno – tuona Francesco Papappicco, coordinatore regionale dell’FSI 118 – Non riusciamo a comprendere le ragioni di questo assurdo comportamento da parte dei funzionari regionali incaricati della gestione di questa situazione”.

Cosa sta succedendo? Nonostante la cronica carenza di personale a bordo dei mezzi di soccorso, negli uffici della Asl se la prendono comoda, molto comoda. Nell’occhio del ciclone ci sono le cosiddette “zone carenti”. Spieghiamo in parole povere. Due volte l’anno – a marzo e settembre – le Asl pugliesi devono riferire all’assessorato alla Sanità le postazione del 118 scoperte dai medici in modo che si possa bandire un avviso pubblico e sistemare, a tempo ineterminato, il medico che ne ha diritto nei posti vacanti. Un cosa apparentemente lineare.

In una parte della Puglia siamo fermi a marzo del 2012. Ci sono una decina di medici del soccorso avanzato (4 in provincia di Bri) nominati ma non ancora convocati per il passaggio del contratto in convenzione da tempo determinato a tempo indeterminato. La titolarità dell’incarico permeterebbe un notevole risparmio di denaro pubblico. E non solo.

Oggi i medici in servizio fanno anche 130 ore di straordinario al mese (6 euro lorde a ora moltiplicate per centinaia di medici), fatte a bordo delle ambulanze medicalizzate e nei Punti di primo intervento. Centotrenta ore in più rispetto alle 164 ovute ogni mese. E noi paghiamo! Sbloccare le zone carenti significa non solo stabilizzare i precari storici, ma assumere altri medici a tempo determinato, potenziando notevolmente il servizio.

La regolarizzazione non è un capriccio dei precari, ma è prevista dalla legge regionale n. 7 del 4 aprile 2012 e dalla successiva calendarizzazione dell’attribuzione degli incarichi a tempo indeterminato emanata dall’assessorato alla Sanità il 22 gennaio scorso, che prevede la risoluzione della spinosa questione entro luglio 2013. Il paradosso di questa ennesima storiaccia in cui pagano solo i cittadini e chi opera sul campo, è che la stabilizzazione dei camici bianchi è considerata spesa storica. Vuol dire che non grava di un euro sul bilancio regionale, anzi ne alleggerisce addirittura i costi.

Da cittadini ci chiediamo come mai non ci si dia una svegliata, pur essendoci pochi quattrini, pochi medici, una legge regionale e una successiva disposizione dell’assorato. Possibile che ci voglia più di un anno e mezzo per far valere un diritto sancito in maniera sacrosanta e che ci sia sempre qualcosa di più importante da fare rispetto alle necessità dei cittadini?