Sarà presentato a Molfetta (Ba) giovedì 5 settembre, l’inchiesta del giornalista Gianni Lannes: “Nato: colpito e affondato. La tragedia insabbiata del Francesco Padre”, in un incontro pubblico presso la Galleria Patrioti Molfettesi (inizio ore 19). L’appuntamento con l’autore è realizzato in collaborazione con la Libreria Il Ghigno ed anticipa il fitto appuntamento di iniziative organizzate dal Comitato Francesco Padre per venerdì 6 settembre.

“Se il mare fosse un libro, vi leggeremmo la tragedia di cinque uomini, un cane e una barca.” La vicenda del Francesco Padre è la tragedia di cinque uomini (Giovanni Pansini, Luigi De Giglio, Saverio Gadaleta, Francesco Zaza e Mario De Nicolo) e delle loro rispettive famiglie. Cinque persone morte sul posto di lavoro. Cinque persone che forse si sono trovate nel posto sbagliato in un momento sbagliato, a cui lo Stato italiano non ha ancora reso giustizia, a quindici anni dall’affondamento. È questo quanto racconta il giornalista Gianni Lannes attraverso il libro “NATO: colpito e affondato. La tragedia insabbiata del Francesco Padre”.

L’obiettivo della pubblicazione di questo libro era quello di riaccendere l’attenzione sulla vicenda sperando che si riaprisse il caso. E così è stato. La procura di Trani ha non solo riaperto il caso, ma ha lavorato di intesa con i familiari e le autorità perché si acquisissero nuove prove. Grazie a finanziamenti della Regione, del Comune di Molfetta, della Marina è stato possibile fare nuove ispezioni subacquee che, seppure non hanno permesso il recupero del relitto e dei corpi, hanno mostrato prove che rendono la tesi del libro provata. Il Francesco Padre cioè fu colpito da armi da fuoco e fu poi fatto affondare. Le operazioni di salvataggio e recupero andarono a rilento non per imperizia.

Caduto anche il segreto di stato sulla vicenda, per decorsi termini di tempo, la Procura ha avviato una serie di rogatorie internazionali per acquisire documentazione relativa ai responsabili delle operazioni in corso quella notte, perché è indubbio che qualcuno decise quella notte come procedere.

La vicenda del Francesco Padre ha inizio nel novembre del ’94. Nella notte del 4 novembre del 1994 il peschereccio della marina molfettese affondò a causa di un’esplosione. Dei 5 marinai solo il corpo di uno fu ripescato nei giorni seguenti. Gli altri non riemersero né furono più recuperati. I soccorsi, come anche le indagini, fin dal primo momento lasciarono dei buchi neri.

Di fatto l’inchiesta, condotta dalla Procura di Trani, fu chiusa la prima volta con una archiviazione. Una ipotesi avanzata ma non confermata dalle prove ritrovate era quella che il peschereccio trasportasse armi (erano gli anni del contrabbando delle armi dal Montenegro) e che l’esplosione fosse avvenuta a bordo, nel vano motore.

Di fatto, una serie di reperti e riprese effettuate sul fondo del mare dove il Francesco Padre nei mesi successivi era ben visibile e recuperabile, mostravano segni inquietanti: fori, presumibilmente di proiettili, il vano motore con una scala che indicava chiaramente la traiettoria dell’esplosione: dall’esterno all’interno.

L’archiviazione, fondata sul sospetto delle armi a bordo non confermato né smentito da prove, di fatto ha fatto cadere per anni la vicenda nell’oblio della comunità, impedito alle vedove di ricevere alcuna pensione o assicurazione, ai corpi di trovare sepoltura.