Natuzzi, uno dei marchi di punta dell’arredamento made in Italy, conta allo stato attuale circa 7mila dipendenti, di cui poco più di 3mila in Italia e i restanti in Brasile, Cina e Romania. Il piano di ristrutturazione aziendale prevede la mobilità per 1726 dipendenti considerati ormai in esubero, dislocati tra gli stabilimenti La Martella di Matera e la filiale di Ginosa, provincia di Taranto. Il Gruppo fa sapere di aver registrato negli ultimi anni un passivo pari a 140 milioni di euro, per la crisi in sè ma soprattutto “largamente imputabile agli elevati costi industriali e all’altissimo costo del lavoro”, come si legge in una nota.

Le principali sigle sindacali di settore promettono comunque una lotta serrata. Fillea-Cigl, Filca-Cisl e Feneal-Uil giudicano il piano di Natuzzi “inaccettabile”, e puntano il dito contro la rapidità con cui, già al primo incontro per trovare una soluzione condivisa, l’azienda ha avviato le procedure di mobilità. «Non si gioca con il coltello alla gola», è la dura critica del segretario Fillea-Cigl Puglia Silvano Penna, che punta il dito anche sui poco chiari piani di sfruttamento dei 101 milioni ottenuti con l’accordo per il rilancio del settore nella Murgia, accordo sottoscritto ai primi di febbraio 2013. «La Natuzzi ancora una volta non si smentisce», rincara la dose il segretario Filca-Cisl Puglia, Domenico Gallo, sottolineando l’evidente differenza di atteggiamento tra l’«amore incondizionato nei confronti dei propri lavoratori degli stabilimenti italiani», e lo «sciagurato piano industriale».

Sulla stessa linea anche il segretario Feneal-Uil Puglia Salvatore Bevilacqua, che definisce «gravissima» la decisione di Natuzzi, in virtù anche del fatto che «l’azienda ha delocalizzazione il 70% della produzione all’estero». In campo anche il governatore Vendola, che fa sapere di aver chiesto al ministro Zanonato «l’immediata convocazione, presso il ministero, di un tavolo nazionale» per venire a capo di una vertenza che «sta prendendo una piega assolutamente inaccettabile». Il gruppo barese si difende, spiegando in una nota che i numeri attuali “non sono più sostenibili e tecnicamente non possono più essere gestiti attraverso la cassa integrazione straordinaria”.

Viene sottolineato anche come negli ultimi anni sia stato l’intero Distretto del Mobile pugliese e lucano ad essere stato colpito dalla crisi, passando da 520 a 100 aziende in 12 anni, con un calo di organico da 14mila a 6mila. Natuzzi spera dunque in un “percorso condiviso per trovare soluzioni efficaci e sostenibili”. La mobilità per 1726 persone non sembra essere però tra queste.

 

2 luglio 2013

Giorgio Scapparone Suma