La cosa più difficile è scrivere di un amico che non è più tra noi. Quelle discussioni politiche, a volte anche aspre, sono la vera eredità morale che l’avvocato Nichi Muciaccia, presidente della VII  Circoscrizione Madonnella, mi ha lasciato.

È stato un grande punto di riferimento per me e tanti miei compagni di Liceo che, grazie al fraterno rapporto con il figlio Checco, hanno avuto l’immensa fortuna di conoscerlo. Lezioni di vita, quelle tra una partita di calcio della squadra Mets, di cui era “presidente onorario”, e lo storico lunedì di Pasquetta in “Contrada Impalata”, che ti arricchiscono e ti fanno crescere.

Come dimenticare le decine di “riunioni” in casa sua tra noi sedicenni e lui in veste di fratello maggiore? La lotta per l’uguaglianza, la rivendicazione dei diritti sociali e civili,le battaglie contro i potentati e i padroni di qualsiasi natura hanno da sempre contraddistinto il suo percorso. Si fa fatica a ricordare. Non è semplice trattenere le emozioni quando rispolveri le immagini, i luoghi, gli abbracci affettuosi.

Lo conoscevo dai tempi del Ginnasio, ci legava la comune “tradizione di famiglia comunista” e la ricerca della giustizia. Una persona perbene, semplice e generosa.

Negli ultimi anni ci teneva uniti anche l’amore e l’impegno per il mondo dell’immigrazione. Gli ultimi, i bisognosi, gli emarginati della società erano i suoi interlocutori privilegiati. Del resto non avrebbe potuto nutrire altra vocazione essendo figlio di un avvocato che ha sostenuto, a sua volta, le lotte dei braccianti di queste terre. Nel deserto politico che circonda tutti noi e ci tiene prigionieri Nichi era un faro perennemente acceso. Dispensava consigli preziosi, ci forniva spunti di riflessione per interpretare meglio la realtà dei fatti.

Proprio qualche mese fa ci incontrammo casualmente. Con la lucidità di sempre mi invitava a credere ancora nella politica e nella possibilità di forgiare una nuova classe dirigente. Sono sicuro che Alba, Checco, Fulvio e Aldo troveranno nei suoi insegnamenti nuova linfa vitale.

Caro Nichi, mentre scrivo dalla mia finestra s’intravedono, in lontananza, le colline di Contrada Impalata. Mi sembra di scorgere anche la tua “dimora”. E voglio immaginare che tu stia lì in questo momento mentre ci aspetti sull’uscio, mostrando il tuo amorevole sorriso.
Arrivederci Presidente.