Le donne in cura presso il reparto di Oncologia del Policlinico “San Matteo” di Pavia avranno in dono una parrucca, attraverso l’iniziativa “Progetto Parrucche di Cancro Primo Aiuto”, realizzata dalle Onlus “Amici dell’Oncologia del San Matteo” e “AmOs”.

Per cercare di capire meglio quale sia il rapporto che lega la donna malata di cancro con la parrucca,  abbiamo sentito Patrizia Rossini (insegnante di scuola primaria per 24 anni ed oggi dirigente scolastico a Bari), che ha affrontato questo tema nel libro in cui ha raccontato della sua malattia, dal titolo “Travolta da uno Tsunami, Storia di una donna dalla diagnosi alla guarigione” (Adda, 2008).

“Per me, come per ogni donna, perdere i capelli è stato traumatico, perchè avevo una folta chioma di ricci, che richiedevano molta cura e che ero abituata a toccare di continuo” ci spiega Patrizia. “Dopo la seconda seduta di chemio, i capelli iniziavano a cadere, e per questo ho deciso con dolore di tagliarli corti e di rivolgermi al mio parrucchiere per trovare insieme a lui la parrucca che rendesse nel modo più naturale possibile il mio aspetto. Esteticamente la parrucca mi ha consentito di vivere in modo meno traumatico il dramma della caduta dei capelli, sia di fronte ai miei alunni, a scuola, che ai miei figli, in casa; mi consentiva, insomma, di fare una vita normale tra la gente.

Il suo utilizzo però ha generato due incovenienti, non di poco conto: il primo era il forte prurito che sentivo sulla cute dopo aver portato la parrucca per una giornata intera; questo mi creava un forte disagio e grande sofferenza; avrei voluto toglierla in casa, ma non volevo far pesare la malattia agli occhi di chi  mi stava intorno.  Il secondo problema era l’estrema cura che la parrucca richiedeva, uguale a quella che necessita una capo delicato. Essendo molto lunga, infatti, la mia si è rovinata in poco tempo, e ho dovuto comprarne delle nuove, cercando, quando si poteva, di farle risistemare.

E se vuoi che la parrucca dia l’impressione di naturalità, se non vuoi dare a vedere  di portare in testa una cosa finta, devi spendere un sacco di soldi. “Per questo – ci spiega Patrizia – iniziative come quella di Pavia devono essere fatte tenendo conto dei reali bisogni e problemi delle donne che sono in chemio, dando loro delle parrucche ben fatte ed esteticamente verosimili. Altrimenti è meglio non fare nulla; oltre al danno, chi è malato non vuole anche la beffa”.

Ci auguriamo quindi che iniziative come queste possano essere estese su tutto il territorio nazionale, ma che siano fatte pensando realmente a come le donne vivono il dramma della caduta dei capelli,  e a tutte le conseguenze che questo comporta. Aiutarle a recuperare la loro femminilità che sentono perduta significa aiutarle ad alleviare il rapporto visivo con gli altri e di fronte allo specchio, con se stesse.
A Bari quando?

Caterina Venece