Con uno studio pubblicato su “Neuropsychopharmacology”, Valentina Sabino e Pietro Cottone della Boston University hanno individuato la causa dei distrubi alimentari incontrollati come la sindrome delle abbuffate compulsive e la bulimia. Si tratta dell’ormone dell’ansia “CRF”, il cui blocco mediante una molecola già sperimentata contro la depressione, riesce ad inibire il bisogno irrefrenabile di cibo. Sui ratti resi “cibo-dipendenti”, utilizzati per lo studio, si è visto infatti che l’ormone “CRF” aumentava nell’amigdala, dove viene generata l’ansia. Iniettando in essa il farmaco antagonista, i ratti non avvertivano più la necessità di abbuffarsi.

In attesa che questa scoperta possa trasformarsi in cura farmacologica, ad aiutare le persone che vogliono smettere di mangiare in modo compulsivo ci sono associazioni come “Overeaters Anonymous (O.A.)”, nelle quali lo strumento per vincere l’ansia da cibo è la forza della condivisone tra persone che hanno lo stesso problema. Abbiamo ascoltato una persona inserita in uno dei gruppi di “O.A.” presenti sul territorio pugliese, che ci ha spiegato il funzionamento del percorso di recupero.

All’associazione si rivolgono persone che hanno diversi tipi di disturbi legati al cibo, quali sindrome compulsiva, anoressia, bulimia, mosse dalla consapevolezza di avere un problema e dalla voglia di smettere di averlo. L’entità di base dell’associazione è il gruppo di auto-aiuto, all’interno del quale si decide insieme come portare avanti il programma di recupero, ascoltando il parere di tutti,  senza il supporto di professionisti come medici, dietologi o psicologi.  Non c’è una quota fissa da pagare per partecipare alle riunioni, bensì un’offerta volontaria per il sosteminento delle spese quali il mantenimento dei locali in cui ci si ritrova. Non vengono accettate donazioni troppo consistenti, in modo che nessuno possa rivendicare maggiori pretese all’interno del gruppo. Come dice il nome stesso, l’associazione garantisce l’anonimato di ciascun membro, sia rispetto all’esterno che internamente: uno degli slogan infatti è “quello che vedi e senti qui, lascialo qui”. Chi è da più tempo nell’associazione ricopre determinati ruoli, a rotazione, ma solo in virtù della maggiore esperienza acquisita.

Il programma di recupero è modellato su quello di “Alcolisti Anonimi (A.A.)”, utilizzato anche da altre associazioni di questo tipo, e si articola in 12 step, relativi al proprio miglioramento, e 12 tradizioni (comportamenti da adottare all’interno dell’associazione). Si tratta di un percorso che cerca di affrontare il problema legato al cibo su tre livelli: fisico – mediante un piano alimentare che elimina i cibi “droga” -, emotivo e spirituale – da non intendersi in senso religioso, ma come il bisogno di un potere superiore cui appellarsi, indipendentemente dal proprio credo -. Il percorso è graduale, gli step non vanno necessariamente seguiti in ordine progressivo ma alcuni sono propedeutici ad altri (alla base di tutti c’è l’ammissione del problema), l’obiettivo da raggiundere è molto ravvicinato, “un giorno alla volta”, come recita un altro slogan.

“O.A.” è nata negli anni ’60 in America ed oggi è presente in 52 nazioni con 7000 gruppi che si riuniscono ogni settimana. In Italia, a seconda delle regioni, è possibile entrare in contatto con una o più sedi; per la Puglia segnaliamo quella di Bari, “Nuova vita”, presso la chiesa San Sabino, viale Imperatore Traiano, 48 (Sabato 09.30-11.00; 3389122772). A Manfredonia (Foggia) c’è un gruppo in fase di formazione, pertanto è richiesta una telefonata prima di andare. Le riunioni si svolgono presso la Parrocchia S. Maria del Carmine, Larghetto del Carmine – Corso Manfredi (Domenica 17.15-19.15; tel. 340.40.46.501; [email protected]).

Per maggiori informazioni a livello nazionale, rimandiamo al sito www.oa-italia.it; 024078803 (Milano); 064743772 (Roma)

Caterina Venece