Di seguito il testo completo della lettera:

La crescente domanda di interventi assistenziali, nell’accezione più ampia del termine, soprattutto di carattere residenziale, in favore dei pazienti psichiatrici, impone una seria riflessione sulle iniziative urgenti da assumere a livello interistituzionale.

Le politiche di integrazione socio-sanitaria in questa materia rischiano di fallire miseramente se da un lato non risultano definite in maniera inequivocabile le competenze e se, dall’altro, queste ultime non sono accompagnate da un’offerta assistenziale appropriata e da adeguate risorse finanziarie, utili a garantire una risposta attendibile, in particolare per quei casi complessi che si appalesano gravi ed urgenti.

Indicazioni normative in tal senso risultano quanto mai necessarie al fine di fugare ogni dubbio circa gli ambiti di competenza ed evitare, così, contrasti tra gli enti locali e le ASL soprattutto per quanto riguarda, com’è ovvio, l’assunzione degli oneri finanziari legati ai costi della presa in carico dei pazienti.

La tutela della salute, in ogni caso, obbliga a valutare complessivamente l’entità e la natura del bisogno soprattutto per quei pazienti “stabilizzati” per i quali, però, persista una sintomatologia negativa, o comunque nel caso permangano esigenze terapeutico-riabilitative.

Non si può, infatti, che constatare la non codificazione o la carenza sul territorio di strutture che assicurino standard assistenziali adeguati a fronte di situazioni in cui sono stati superati i limiti di permanenza nelle Comunità Riabilitative Assistenziali Psichiatriche (CRAP), ma non siano stati raggiunti sufficienti livelli di autonomia da parte del paziente.

A questo proposito si fa presente risulterebbe quanto mai opportuna la normazione, in attuazione di quanto previsto dall’art.9 della LR 26 del 9.8.2006, di “case per la vita” a maggiore intensità sanitaria (con retta a carico del SSN) rispetto a quelle previste dall’art.70 del RR4/2007 e s.m.i..

Si è convinti infatti che tale tipologia di strutture potrebbe maggiormente favorire le dimissioni dalle CRAP rispetto alle omonime case per la vita socio-sanitarie, con costi sicuramente inferiori per le ASL rispetto alle suddette comunità riabilitative.

È necessario, infine, affrontare il problema dell’insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione degli enti locali per dare un senso alle politiche di integrazione che si vorrebbero promuovere in questo campo.

Risulta impraticabile, se non addirittura dannoso per la tutela della salute e del benessere di questi pazienti, perseguire percorsi di integrazione socio-sanitaria senza i necessari trasferimenti di risorse dedicate, in quanto la mancanza di fondi a disposizione dei Comuni pregiudica la possibilità di garantire anche i LEA – Livelli essenziali di assistenza, laddove sia prevista la compartecipazione dell’utente/comune.

Alla luce di quanto innanzi si chiede di voler emanare precise direttive al fine di evitare da un lato sgradevoli conflitti di competenze tra Comune ed ASL (che nell’ambito di Bari stanno al contrario condividendo un positivo percorso di integrazione), e dall’altro pregiudizievoli lacune assistenziali nei confronti di questi cittadini, a causa dell’insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione degli enti locali.

Comunicato Ufficio stampa Comune di Bari