Si chiamano cave, sono state utilizzate per anni per ricavare materiale da costruzione. Una volta esaurite, coloro che avevano ottenuto le autorizzazioni alla estrazione dovrebbero ripristinare lo stato dei luoghi, invece solitamente si sceglie un’altra strada, molto più comoda. Cosa c’è di meglio per risolvere il problema che riempire tutto con qualche tonnellata di rifiuti? E a Bitonto di cave in esaurimento ce ne sono tante disseminate sul territorio.

Nel 2008 fece scalpore l’inchiesta che portò al sequestro della discarica di località Torre Dagera. Vari studi dimostrarono che la falda acquifera era inquinata da alte concentrazioni di metalli pesanti come ferro, manganese, arsenico, nichel e cromo. Oggi i proprietari parlano ottimisticamente di inchiesta che si avvia all’archiviazione. Intanto però la messa in sicurezza del sito è ancora tutta da organizzare. E a poche centinaia di metri c’è, pienamente attiva seppur avviata anch’essa all’esaurimento, la discarica di Giovinazzo che continua a lievitare in altezza raccogliendo i rifiuti che arrivano da ogni parte della Regione.

Ora un nuovo fronte ambientale si apre dall’altra parte del paese, verso Palombaio e Mariotto.  La società calabrese Ferlive ha richiesto alla Provincia di Bari l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), relativamente al progetto di un impianto per il recupero di materiali ferrosi e per lo smaltimento di rifiuti.

La Provincia aveva già concesso nel 2011 una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) favorevole, procedura che ha rappresentato l’anticamera verso l’attuazione di questo progetto, bocciato però con decisione dal WWF Puglia ma anche dalla politica bitontina che ha affrontato la questione in consiglio comunale.

I dubbi restano soprattutto sulla competenza. Si tratta di cava o di discarica? Nel secondo caso, che poi è quello aderente alla realtà del progetto, la Provincia non era l’organo preposto al rilascio del giudizio di compatibilità ambientale in quanto, trattandosi di variazione progettuale, e che variazione, la procedura di VIA avrebbe dovuto essere esaminata e definita dalla Regione Puglia. Inoltre, nel corso delle procedure di valutazione, bisognava interpellare l’ENAC (Ente nazionale per l’aviazione civile), dal momento che l’insediamento dell’attività è posizionato ad una distanza inferiore ai 13 km dal sedime aeroportuale. Altri dubbi riguardano la conformazione geologica della cava.

Ma cosa dovrebbe essere smaltito in questo impianto? Circa 200mila tonnellate l’anno di rifiuti speciali quali pacchi carrozzeria, elettrodomestici, rottami ferrosi e altri metalli non ferrosi, fluff di scarto da altri impianti di trattamento, cavi di rame ma anche quelli che vengono genericamente definiti come scorie e fanghi. In questo caso non è necessario essere ambientalisti per farsi venire qualche dubbio.

IL VIDEO:

19.3.2013

Saverio Ricci