Sono le parole di un papà a conclusione dell’incontro di ieri pomeriggio, nel quale i docenti del Liceo Classico “Socrate” hanno dato lettura del verbale del Collegio tenutosi in data 22 ottobre. Considerata la gravissima situazione in cui si verrà a trovare la Scuola italiana, qualora venisse approvato l’art. 3 della Legge di stabilità 2013, attualmente in discussione nelle Commissioni di Camera e Senato, il Collegio dei docenti del liceo “Socrate” ha deliberato quanto segue:

– la sospensione delle prestazioni aggiuntive oltre l’orario d’obbligo, legate ad attività progettuali di ampliamento dell’offerta formativa (POF) ad eccezione di quelle a finanziamento esterno al FIS;

– la sospensione della prestazione di ore eccedenti l’insegnamento previsto contrattualmente per la copertura delle assenze dei colleghi;

– la sospensione dell’attività di tutte le commissioni in carica, ad eccezione della Commissione elettorale e del GLHI;

– la sospensione delle attività di tutte le figure di sistema individuate (funzioni strumentali, coordinamenti e segretariati dei consigli di classe, delle attività dei dipartimenti, ecc.), ad eccezione di quella dei due collaboratori del Dirigente Scolastico;

– la sospensione di tutti i viaggi  e le visite di istruzione eventualmente programmati;

– la sospensione dei colloqui individuali con le famiglie in orario antimeridiano (con il parere contrario del DS);

– l’individuazione di una giornata di incontro pomeridiano con le famiglie degli alunni dell’istituto finalizzata alla più completa e corretta informazione sulle ragioni della sospensione delle attività sopra citate e sulle attività attualmente garantite dal corpo docente del nostro istituto.

Si tratta di una decisione sofferta tanto da parte dei docenti di un liceo che nel corso degli anni ha dimostrato concretamente di offrire una formazione d’eccellenza, quanto da parte degli studenti che, fuori da ogni strumentalizzazione, stanno appoggiando la protesta dei propri insegnanti pur sapendo che comporterà la rinuncia alle molteplici attività extracurriculari e ai viaggi d’istruzione.

«La nostra protesta arriva quando ormai ci troviamo a un punto di non ritorno di un lungo percorso di mortificazione della scuola pubblica – ha dichiarato Giovanna Aquaro, professoressa di latino e greco del “Socrate” – Questa difesa di un servizio pubblico è rivendicazione di un futuro per i nostri giovani. Un professore di lettere come fa a non dire a uno studente: “Non iscriverti alla facoltà di Lettere”? Con questa protesta puntiamo a invertire la rotta, non a limitare i danni».

L’innalzamento da 18 a 24 delle ore settimanali di lavoro dei docenti in cambio di 15 giorni di ferie in più a luglio (articolo 3, commi 42-48 del ddl di stabilità), non solo non corrisponde a un aumento di stipendio, ma ha anche una serie di implicazioni sulla qualità dei contenuti proposti, sulle modalità con cui questi verrebbero erogati e sulla quantità di professori impiegati in ciascun istituto. Aumentare di un terzo il numero delle ore lavorative di ciascun docente significa aumentare il numero delle classi – sovraffollate – e degli studenti da dover gestire, con una conseguente “spersonalizzazione dell’insegnamento” e “standardizzazione dei contenuti”. I docenti si ridurrebbero, insomma, a “guardiani a ore” dei propri studenti; la loro vocazione a contribuire alla crescita umana, culturale e civile del singolo alunno si tradurrebbe nell’erogazione sterile e meccanica di saperi elementari. Perché non ci sarebbe il tempo di preparare accuratamente le lezioni a casa, di fare approfondimenti con raccolta di materiale cartaceo e digitale, di predisporre verifiche diverse a seconda del livello della classe, di dedicarsi all’aggiornamento professionale e di poter offrire, alla fine di tutto questo, un insegnamento che sia davvero qualitativamente elevato.

In questi giorni i professori di molte scuole medie e superiori d’Italia non fanno altro che ripetere che la media settimanale delle ore di lavoro è in linea con quella europea ma viene retribuita meno, e che alle 18 ore di lezione frontale devono aggiungersi quelle impiegate per le riunioni pomeridiane, per la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, la programmazione delle attività didattiche, la compilazione dei registri, la redazione di relazioni e comunicazioni per i consigli di classe e le assemblee coi genitori, l’organizzazione delle gite e “tutte le altre attività né retribuite, né minimamente quantificabili svolte in aggiunta ai propri doveri contrattuali”. Il tutto moltiplicato per la quantità di classi che ogni docente ha.

Il dissenso e l’indignazione del mondo della scuola per questa scelta del Governo riguarda anche il taglio di circa 30mila cattedre (tra “spezzoni orario” e posti di sostegno) in un periodo che sappiamo tutti essere di gravissima, pesantissima crisi economica e occupazionale. Taglio dovuto al fatto che, in virtù dell’innalzamento del numero delle ore di lavoro, a un professore su quattro potrebbe toccare a seconda dei casi la “mobilità spinta sul territorio provinciale”, il passaggio ai ruoli ATA o, se si è precari, la disoccupazione.

Anche un bambino delle elementari non avrebbe difficoltà a cogliere la contraddizione che c’è tra questo provvedimento e l’indizione del tanto applaudito, ma anche discusso maxi concorso a cattedre che ‘darà lavoro’ a circa 12mila aspiranti insegnanti. La contraddizione che c’è tra i tagli alla scuola pubblica e il finanziamento di 233 milioni a quella privata. La contraddizione tra la volontà di svecchiare il mondo della scuola e l’emanazione di un concorso non accessibile ai neolaureati. La contraddizione tra l’intento di europeizzare l’istruzione italiana e lo svilimento del ruolo educativo dei docenti e delle modalità di insegnamento. La contraddizione, infine, tra la promessa di un servizio qualitativamente migliore e la riduzione dei finanziamenti che dovrebbero permettere a una scuola che ancora definiamo ‘pubblica’ e ‘statale’ di formare uomini e cittadini attivi, competenti e, perché no, anche un po’ “choosy”.

26 ottobre 2012

Alessandra Morgese

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