La diretta conseguenza della carenza di udienze, che potrebbero contenere i clan mafiosi nella lotta al potere, è proprio il proliferare di agguati per conquistare l’egemonia attraverso l’eliminazione dei “vecchi capi”, agguati che seminano il panico tra la gente comune. Il 22 agosto scorso Giuseppe Mercante, affiliato al clan Strisciuglio, è stato ucciso al quartiere Libertà e tre giorni dopo, sul lungomare di San Girolamo, una sparatoria ha ferito Felice Campanale: l’obiettivo era eliminare il boss e prenderne il posto.

È una guerra per il potere e per il controllo del giro di affari  legato al traffico di droga, una sorta di ricambio generazionale scandito da colpi di pistola che sembra far tornare la città indietro di almeno un ventennio: la speranza, per il coordiamento provinciale Libera Puglia, è che “la città di Bari non ritorni al passato. Il nostro timore  –  commentano  –  è che la città, dopo un periodo di relativa calma, possa star compiendo un tuffo indietro nel passato, un balzo temporale agli anni Ottanta e Novanta, quando i clan si fronteggiavano per il controllo del territorio nelle pubbliche piazze, sottraendo in questo modo spazio all’agibilità democratica e ingessando la società civile, riempiendo vicoli e strade di paura”.

Ad aggravare la situazione, come sempre, è la mancanza di testimoni:

«La repressione da sola non basta. Per sconfiggere la tracotanza della malavita  –  commentano da Libera Puglia  –  urge che la spinta propulsiva al cambiamento provenga dalla società, dai cittadini. Ogni arretramento della comunità è un avanzamento della criminalità. E questo non possiamo permetterlo».

30 agosto 2012

Erica Introna