Infatti, secondo un’indagine della Cgia di Mestre, l’associazione degli artigiani e delle piccole e medie imprese, Bari svetta in cima alla classifica degli aumenti del costo degli affitti mensili con un incremento, registrato tra il 2001 e il 2011, dell’89,1%. Un canone di locazione altissimo che arriva a costare anche 6mila euro al mese per un locale di 50 metri quadri nella via centrale del murattiano, via Sparano.

A peggiorare la situazione ci si mette anche la presenza delle multinazionali: «Il mercato in questa via pedonale – spiega Christian Bergamasco, presidente dell’associazione I negozi del borgo murattiano – è drogato dalla presenza delle multinazionali. Sono stati sia i megastore con merce a basso costo che le griffe ad aver determinato le cifre a tre zeri». Bergamasco precisa: « Quell’89 per cento di incremento degli affitti non a caso è relativo all’ultimo decennio. A Roma e Milano, capitali del ben vestire, da molto tempo aprire un negozio era proibitivo. Bari arriva dopo».

Sandro Ambrosi, presidente della Camera di commercio spiega: «Non so in base a quali parametri questi istituti di ricerca effettuino i rilevamenti, non so se prendano un campione solo, che sarebbe un dato molto generico. Ma comunque il problema di fondo è che i fitti dei negozi di Bari sono effettivamente alti, soprattutto nel centro Murattiano. Raggiungono livelli vicini a quelli delle grandi metropoli, pur essendo Bari una città di medie dimensioni. La proprietà edilizia difficilmente vende e per questo io ho sempre insistito affichè fossero allargate le zone pedonali: fungono di fatto da calmiere dei prezzi».
A soffrire l’aumento dei costi di gestione sono soprattutto i piccoli commercianti dei negozi storici della città, costretti a chiudere a causa della concorrenza della catene di moda low-cost. Ma Bari resta una piazza ambita soprattutto per l’apertura di store di alta moda: «L’arrivo delle firme più prestigiose del made in Italy – racconta Carlo Saponaro, presidente di Federmoda – dimostra che la nostra città ha prospettive di crescita interessanti. Ma da quando Bari è diventata terra di conquista per i gruppi esteri, la situazione è diventata esplosiva. Il piccolo commerciante non è grado di fronteggiare la concorrenza delle griffe e dei centri commerciali. I costi di gestione sono spropositati rispetto agli incassi».

L’emblema della situazione che si è generata nel corso degli anni si può rintracciare nell’apertura dello store Prada in via Sparano, che va ad occupare il posto occupato sin ora dalla libreria Laterza: si parla di un canone di locazione di 25mila euro mensili. Pronto al debutto anche Armani, con l’apertura, sempre su via Sparano, di un importante punto vendita.

Saponaro si rivolge ai proprietari dei locali: «I nostri imprenditori chiedono che i prezzi degli affitti calino di un 20-30 per cento. In cambio però offrono serietà e affidabilità». L’alternativa alla chiusura, per gli esercenti baresi, è quella di girare l’angolo e trasferire i propri punti vendita nelle vie limitrofe dove gli affitti costano la metà.

Per Benny Campobasso, presidente di Confesercenti,, la colpa della crisi dei piccoli commercianti non è tanto legata al caro-affitti, ma all’enorme pressione fiscale che gli esercenti devono subire: « Il commercio è strozzato dalle tasse, L’incremento dell’Iva scoraggia i consumi, in circolo c’è meno moneta e le famiglie stanno erodendo i risparmi per le spese fondamentali».

31 luglio 2012

Erica introna