Bari è la città in cui a ogni angolo campeggia un’icona di un santo dalla pelle scura venuto dal mare, ma è anche la città che alla prova concreta si dimostra poco predisposta all’accoglienza, come denunciano i richiedenti asilo del C.A.R.A .

Gli episodi di razzismo, non per ultimo il grave attentato al Socrate, ormai si contano numerosi. I migranti recriminano solo il diritto di poter vivere una vita degna senza nessun tipo di ghettizzazione o forma di discriminazione. Questo invece non accade nel capoluogo pugliese dove i migranti sono dislocati in zone periferiche senza nessuna garanzia di autonomia a cominciare dalla mobilità. Esistono solo due autobus che fanno fermata nei pressi del centro cittadino, uno per l’andata e l’altro per il ritorno e che inevitabilmente scandiscono il tempo massimo della loro socialità fuori dal Centro d’accoglienza per i richiedenti asilo.

Del C.A.R.A. denunciano pasti e situazioni igienico-sanitarie del tutto insufficienti. Riferiscono di casi di epilessia curati con quelle che chiamano “tablet”, presumibilmente semplici pasticche analgesiche. Tranne quelli offerti dalle associazioni antirazziste, non esistono corsi di lingua Italiana che permettano una minima forma di emancipazione e autonomia. Ma quello che chiedono maggiormente e a gran voce sono i documenti: la certificazione dello status di rifugiati politici che permetta loro anche e soprattutto di sottoscrivere regolari contratti di lavoro e porre fine ad uno stato di sfruttamento e schiavitù. Su questo punto la lotta dei migranti si intreccia a quella dei precari italiani unitisi al corteo.

La Commissione Ministeriale incaricata sta accumulando ritardi e rifiuti rispetto ai riconoscimenti perché l’attuale legge valuta come elemento dirimente il paese di nascita del richiedente e non di reale provenienza. Capita per cui che molti siano nati in paesi relativamente tranquilli per cui automaticamente non è concesso loro lo status di rifugiato e poco importa se, trasferitisi dopo la nascita, nella realtà dei fatti provengano da paesi in cui la guerra e la repressione hanno costretto i migranti a fuggire altrove.

All’arrivo in Italia il rifugiato viene schedato attraverso l’acquisizione delle impronte digitali. Se malauguratamente la domanda dello status di rifugiato viene respinta, le leggi attuali non prevedono la possibilità di richiesta in altri Stati diverso dal primo. Viene da sé che, automaticamente, il numero di quelli che vengono definiti “clandestini” aumenta esponenzialmente.

Il corteo ha incontrato il sindaco Emiliano che ha promesso di fare visita al Socrate e al giovane sudanese ferito nell’attentato e che si impegnerà in prima persona affinché il progetto di autorecupero dello stabile sia approvato così da poter dare, a livello comunale, minime garanzie di accoglienza e stabilità.

Bruna Giorgio

Bari, 30 giugno 2012