Dopo lavori di ristrutturazione durati cinque anni in cui si è provveduto al restyling degli ambienti, al trasferimento e al collaudo di macchinari vecchi e nuovi, all’aumento del numero delle sale operatorie (sei) e alla creazione di decine di reparti, l’Oncologico barese appare tutt’altro che ‘in buona salute’: il blocco del turnover, ovvero l’impossibilità di procedere alla sostituzione del personale medico e infermieristico pensionato con nuove assunzioni, paralizza l’espletamento dei vari incarichi e rende drammatica la gestione dell’ospedale. Condizioni, queste, che si ripercuotono inevitabilmente sull’efficienza e sulla qualità del servizio offerto ai pazienti.

“Il Cup dell’ospedale è subissato da richieste di prenotazioni che non riesce a gestire per carenza di personale amministrativo”, lamenta Campobasso. Cosicchè per i pazienti che vogliano evitare di iscriversi alle interminabili liste d’attesa si profilano due soluzioni: l’intramoenia, che però comporta tariffe molto alte, oppure l’‘esodo’ verso ospedali di altre regioni. “La tempestività è decisiva per curare o prevenire le malattie oncologiche”, ammonisce infatti il coordinatore del Tribunale per i diritti del malato.

Ma vediamo più nel dettaglio qual è la situazione del “Giovanni Paolo II”: il reparto di oncologia medica risulta essere attualmente senza primario; quelli di chirurgia polmonare, rianimazione e terapia intensiva non sono neppure mai nati; delle sei sale operatorie sono attive solo due. L’insufficienza di personale rende difficile la copertura dei turni di radioterapia e radiologia per immagini e, per quanto riguarda gli ambulatori, su 130 posti letto disponibili se ne riescono a gestire solo poco più della metà. Su 702 unità fra medici, amministrativi e infermieri disposti dalla pianta organica dell’istituto stabilita in accordo con Regione e Ministero della Salute, infatti, attualmente nell’ospedale lavorano solo 340 persone. Praticamente metà.

«I numeri sono questi – dichiara il presidente del Civ (Comitato di indirizzo e valutazione) dell’Oncologico, Emanuele Sannicandro – abbiamo meno del 50% della pianta organica occupata. Questi sono i risultati del turnover. La situazione è drammatica perché molti medici e infermieri sono andati in pensione e non possiamo assumere personale. L’Oncologico riesce a reggere solo grazie all’abnegazione enorme degli operatori in servizio. È grazie ai loro sacrifici che si riesce a non incidere negativamente sull’assistenza ai malati».

Peraltro, come sottolinea Pino Monno, il responsabile della sanità della Cgil di Bari, riguardo le discriminazioni tra infermieri assunti e i precari delle cooperative, “nelle sale operatorie si utilizza personale precario, sottopagato e che non assicura una continuità lavorativa. Il tutto a discapito degli stessi infermieri assunti che devono fare anche formazione per i colleghi precari”.

17 maggio 2012

Alessandra Morgese