Fatto sta che la questione Transcom rimane aperta, anche grazie alle parole di Nicola Russo, segretario generale della Uil regionale che non solo ha accusato la società di assumere lavoratori basandosi sulle liste di mobilità per poi licenziarli, ma ha anche messo in luce come il meccanismo consista nel far «iscrivere i lavoratori che intende assumere a una agenzia per il lavoro al fine di richiedere alla stessa la fornitura di manodopera».

La Transcom non sembra però essere nuova a situazioni del genere: tre anni orsono, il segretario nazionale della Ugl-Telecomunicazioni Gianni Fortunato annunciò che avrebbe incontrato presso la sede del sindacato a L’Aquila quanti avrebbero voluto affrontare la questione legata all’operato dell’azienda. Secondo quanto denunciato all’epoca dal segretario della provincia abruzzese Piero Peretti, «la Transcom mutò il contratto nazionale ai propri dipendenti, passando da quello del Commercio a quello delle Telecomunicazioni, generando così un grave danno economico ai dipendenti».

Il caso Transcom non è però che una goccia nell’oceano dei problemi e delle truffe legate ai call-center in Italia. Agli inizi di settembre il segretario della Cgil Puglia Gianni Forte ha evidenziato come queste strutture abbiano assorbito «il 90% del contributo della dote occupazionale previsto dal piano per l’occupazione regionale». C’è di più perché, sempre secondo Forte, ci sono due problemi fondamentali: da una parte il fatto che «i call center oggi aprono e domani chiudono, spostandosi dove trovano condizioni di convenienza dal punto di vista salariale e normativo», dall’altro che solo in Puglia in un anno sono andati persi 65mila posti di lavoro, anche a causa della facilità con la quale vengono accantonati i dipendenti dei call-center.

 

Angelo Fischetti