Antonio Cassano la sera del gol all'Inter il giorno della sua seconda partita in serie A.

Il destino di Antonio Cassano è iniziato e finito la sera del 18 dicembre del 1999, quando ancora 17enne raccolse col tacco il lancio di Perrotta, poi portò avanti la palla con la testa, fece fuori Blanc e Panucci e mise la palla in fondo al sacco. Ferron, appena entrato, dovette arrendersi, un po’ come col passare del tempo si sono arresi molti di quelli che hanno avuto a che fare con l’ex campioncino di Barivecchia.

La carriera di Fantantonio sta tutta lì, in quel gesto sublime che gli ha cambiato la vita, portandolo a vestire le maglie di Roma, Real Madrid, Sampdoria, Inter, Milan, Parma e, infine, per otto giorni quella del Verona. Cassano non è mai stato determinante in nessuna delle squadre in cui ha giocato, forse nella prima stagione alla Roma.

Il suo essere fenomeno sta tutto nell’immagine cha ha ha saputo costruirsi. La sa lunga Cassano, pcertamente iù lunga di quanti hanno tentato di cambiarlo. Colpi a sensazione e cassanate, mai la continuità che i tifosi s’aspettavano da uno come lui. Peccato che i suoi piedi fossero sempre in lotta col cervello. Antonio ha vinto soprattutto un futuro diverso da quello che avrebbe avuto senza il pallone e forse senza quel gol all’Inter.

Un futuro diverso per sé e per la sua famiglia, bisognosa di un cambiamento. Calciatore viziato, che insieme all’accento barese durante la sua altalenante carriera è sembrato aver perso anche lo spirito di appartenenza ad una città che lo ha tanto amato prima di ripudiarlo. Qualunque maglia gli è andata stretta, seppure ha giurato amore alla Sampdoria. Stretta fino a strapparla quando non si faceva come desiderava. Ha vinto poco Cassano, se non il suo riscatto e un bel po’ di soldi. Vi pare poco? Ci hai fregati tutti Antonio, perché provo a ricordare una sua prodezza, ma mi viene in mente solo il gol capolavoro contro l’Inter quando ancora era un ragazzo di strada che sognava di diventare un calciatore vero.