“Mi alzo la mattina alle 4.20, vivo in una struttura che per fortuna mi ospita, vengo vicino al Tribunale e faccio il parcheggiatore abusivo. Anche se al sindaco Decaro questa cosa non va giù, io devo pure mangiare”. Giuseppe ha quasi 60 anni, li compirà tra circa un mese, e da sette si trova a vivere per strada. Dopo il clamore suscitato dalla morte di Vito Abbondanza e dopo aver incontrato il suo amico Vincenzo, Giuseppe è un’altro dei tanti ultimi di questa città che abbiamo deciso di farmi conoscere.

“Quando uno ha un buon lavoro – dice – però la moglie non capisce che lo ha perso perché l’azienda ha chiuso, chi ci rimette è sempre il marito. Me ne sono andato per non dover incazzarmi, per non dire cose più brutte, o per non alzare le mani. Sono stato obbligato ad andare via”.

Giuseppe non incarna lo stereotipo del parcheggiatore abusivo affiliato, non ne ha i modi e davvero non ce lo immaginiamo pretendere qualche euro in maniera aggressiva e minacciosa, come invece fanno tanti altri a Bari: “Mia figlia lavora da un tabaccaio al San Paolo, mi figlio non ha voluto seguire i consigli dei suoi genitori ed è finito in carcere a Trani”.

Parla un buon italiano, senza un accento o una inflessione particolare nella voce, calma e profonda: “Con l’attività di parcheggiatore abusivo non si riesce a campare, ti basta giusto per comprare un panino o le sigarette. A chi dice che dovrei togliermi questo vizio, dato che non ho soldi, rispondo che le sigarette che compro io costano due euro, sono come un sigaro, e una mi dura due giorni. Non ho l’abitudine di andare al bar a fare colazione o uscire a prendere il caffè, sono cose che ho abbandonato tanti anni fa”.

Uno dei tanti paradossi di questa città è il parcheggiatore abusivo a due passi dal Tribunale: “Anche se magari non riesco a guadagnare un centesimo, la mia soddisfazione più grande è essere salutato e rispettati dai giudici, dagli avvocati e dai pubblici ministeri che passano”.

“Nel centro dove vado a dormire la sera diciamo che si vive discretamente – racconta – però se la gente fosse più civile, mi riferisco ai senza tetto come me, se fosse più attenta alla pulizia, a fare le cose con più amore, si andrebbe molto meglio. Il mercoledì tocca a me fare le pulizie, alzo i letti, e oltre al detersivo chiedo anche l’alcol per disinfettare. La pulizia deve stare al primo posto”.

“Per mangiare, certe volte vado dalle suore, quando invece le gambe non mi permettono di camminare a lungo, mi fermo, mi faccio un panino, e il giorno dopo Dio provvede. Meno male che in tutta Bari c’è un prete, don Antonio Ruccia, che ti tira su. Sentire qualcuno vicino aiuta molto”.

“C’è un’avvocatessa che quando mi vede anche se non trova parcheggio nella mia zona, fa il giro e mi viene a salutare. Per me – conclude con soddisfazione – questa è molto importante, molto più di un’elemosina, di un euro”.