Senza casa, senza lavoro, senza futuro per i propri figli. L’ennesimo caso che mette a nudo il disagio sociale che serpeggia nelle nostre città arriva da Casamassima.

Lui si chiama Mario Antonio D’Amico, cinque figli a carico di cui quattro minorenni e fra questi anche una bambina di 5 anni. Attualmente “vive” a Casamassima, le virgolette non sono casuali: Mario non ha una casa sua e si appoggia provvisoriamente dal fratello. Ma adesso non ne può più.

Un lavoro saltuario, le difficoltà per arrivare a fine mese, l’impossibilità di mantenere dignitosamente i suoi figli. Una situazione disperata che si protrae ormai da dieci anni, tanto che questa mattina Mario ha deciso di fare un gesto plateale: ha provato a darsi fuoco gettandosi della benzina addosso. I Carabinieri sono intervenuti giusto in tempo ma adesso Mario si è incatenato a un palo davanti alla sede del Comune.

“Io ho bisogno di una casa popolare e di un lavoro. Ho già parlato col Sindaco, con gli assistenti sociali e adesso parlerò anche con il nuovo assessore, ma dicono tutti che non possono fare nulla e fanno scarica barile”. Come detto questa situazione dura da anni: “Ho sempre lavorato, anche se solo per 3-4 mesi, nelle aziende che gestivano la raccolta dei rifiuti. Adesso la nuova azienda sta facendo venire le persone da altri paesi. Resterò incatenato finché non fanno qualcosa per me. La disperazione è assai”.

Il comune però non ha a disposizione case popolari: “È una questione di competenza dell’Arca. C’è una graduatoria da rispettare ed è stabilita con criteri ben precisi – spiega il sindaco Vito Cessa – chi grida o protesta non ha più diritto degli altri”. Le forme di sostegno a chi è in condizioni disagiate non mancano: “Noi cerchiamo di aiutare chi non ha una casa, almeno nella fase di avvio di un contratto di locazione, magari anticipando i primi mesi di affitto. La somma, però, poi viene restituita dal cittadino sotto forma di ore di lavoro”.