La Storia della famiglia Capurso ha indignato tutti. In redazione sono arrivati commenti e messaggi, ma siamo ormai al corto circuito. Assodato che una famiglia, a maggior ragione con un bambino di cinque mesi, non può vivere in quel tugurio nel centro storico di Acquaviva delle Fonti, dove piove nelle prese elettriche e sul contatore e il soffitto rischia di crollare, la soluzione al dramma sembra ancora lontana.

Il Comune è disponibile a versare la caparra e tre mesi di affitto, ma nessuno vuole mettere a disposizione la propria casa, anche se vuota ormai da anni. Troppa paura di ritrovarsi di fronte al problema di come liberarsi dei Capurso se Enzo e suo figlio non dovessero trovare lavoro al momento in cui il Comune smetterà di farsi carico delle spese. E lo stesso discorso vale per tutte le altre famiglie in difficoltà.

Il più calssico cane che continua a mordersi la coda. Nemmeno gli appelli del parroco, lanciati in tutte le messe, hanno sortito gli effetti sperati. Sì, perché, messo al caldo il neonato, una volta lasciata quella casa fradicia, Enzo e la sua famiglia non sanno dove andare, ma soprattutto non sanno come sostenere le spese minime di una bolletta o di quel poco da portare in tavola.

Il vero problema è quello della mancanza del lavoro. “Sono stato in galera, ma non ho più problemi da 17 anni – spiega il capofamiglia – mettetemi alla prova, datemi una possibilità perché non mi sono mai tirato indietro. Non ho paura di spostarmi da Acquaviva, ho solo l’impellenza di sostenere la mia famiglia e smettere di vivere di espedienti e aiuti”. La situazione è complicata. Altre volte siamo riusciti a mettere in contatto persone disperate come Enzo, con gente disposta a farsi avanti. Speriamo sia questo il caso. Continueremo a seguire la vicenda, magari raccontandone il lieto fine.