Dalla storia che vi raccontiamo, un dato emerge sopra tutti gli altri: la burocrazia, già di per sé complicata, sembra fregarsene di aiutare un disabile sul posto di lavoro. La denuncia arriva da Umberto Ravallese, che fino allo scorso dicembre era direttore della ripartizione Servizi demografici del Comune di Bari. Da tre mesi circa è stato trasferito alla dirigenza del II Municipio, in stradella del Caffè.

Il dirigente comunale è invalido al 100 per cento. Il 21 settembre del 2013 è stato travolto da un pirata della strada mentre passeggiava in bicicletta. Ha rischiato di morire, per nove mesi ha lottato per tornare a essere l’uomo che tutti conoscevano ma una lesione al midollo spinale lo ha costretto su una sedia a rotelle per il resto della sua vita. Dopo un lungo recupero, però, armato di forza, coraggio e voglia di vivere, Ravellese è tornato al suo posto di lavoro quasi un anno dopo, a giugno 2014.

Tra mille difficoltà, quindi, ha ripreso la sua solita vita. Questo fino a dicembre 2015, quando il piano Anticorruzione del Comune di Bari, che prevede ogni tre anni una serie di modifiche ai posti di comando delle varie dirigenze, soprattutto se a rischio, ha sancito che Umberto Ravellese dovesse essere trasferito in altra sede. Precisamente in quella di stradella del Caffè, al quartiere Poggiofranco. I dirigenti interessati sono stati 34 su 46, ma pare che nessuno si sia ricordato che tra questi ci fosse anche una persona con evidenti problemi motori.

La sede del Municipio II infatti, pare rendere impossibile l’accesso nel nuovo ufficio per il dirigente. Le barriere architettoniche non danno tregua, ogni santo giorno. Anche le operazioni che alla stragrande maggioranza della gente sembrano assolutamente normali, per un uomo costretto su una carrozzina sono una vera e propria impresa. Come andare in bagno o prendere l’ascensore.

Ma perché questo trasferimento ha colpito anche Ravellese? Eppure la legge 104 parla chiaro quando specifica che “una persona invalida ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede senza il suo consenso”. Il problema è che il dirigente comunale non è stato avvertito e ha appreso del trasferimento tramite una lettera.