L’articolo sulla scarsa considerazione riservata dal Piano di riordino ospedaliero della Puglia ai malati reumatici, ha scatenato l’indignazione dell’associazione Marea Onlus. Riceviamo e con piacere pubblichiamo una lettera a firma di Grazie Fersini. Invitiamo il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, a dare spiegazioni in merito.

Gentile direttore,
ho letto con grande interesse il suo articolo e, purtroppo, ciò che scrive risponde assolutamente alla verità.  Approssimazione e superficialità hanno contraddistinto la passata legislatura e sembra anche l’attuale. Quando afferma che per ben tre volte nel giro di un anno la reumatologia pugliese è stata succube del pressapochismo, dice bene. C’è, però, almeno un’altra quarta volta.

La prima fu l’istituzione della rete regionale dove il tavolo tecnico, fra cui anche una associazione malati, organizzò i servizi favorendo pochi centri che nel tempo, grazie all’intervento della magistratura, sono stati revocati perché mancanti dei requisiti di legge. La seconda si concretizzò a distanza di pochi giorni dalla firma della delibera non ancora pubblicata sul BURP. La Regione notificò a tutte le Asl, con effetto immediato, l’interruzione assistenziale ai centri esclusi dalla rete, senza alcuna indicazione per i malati, che dovettero trovare in autonomia il nuovo centro. In molti furono costretti a denunciare alla magistratura l’interruzione di pubblico servizio.

Il terzo schiaffo arrivò dall’integrazione alla delibera di rete dove, ancora una volta, la pediatria reumatologica fu ingiustamente penalizzata e a tutt’oggi è sprovvista di riferimenti. Ed ecco il quarto ceffone. Storia di questi giorni: il Piano di riordino ospedaliero dove i malati reumatici sono stati, non solo dimenticati come ha scritto, ma anche disprezzati. Non discuto le scelte operate per il piano di riordino relative ai posti letto assegnati alla Reumatologia, poiché non ho accesso ai dati. Credo peraltro che a questo provvederanno le opposizioni in Consiglio Regionale. Mi soffermo piuttosto sull’utilizzo effettivo che le cliniche mediche faranno di quei posti letto. In particolare, se i posti letto resteranno vincolati alle agende interne (prenotazioni non eseguite per il tramite del Cup ma lasciate alla discrezionalità dei medici di reparto), e queste continueranno a funzionare come oggi, purtroppo, il cittadino privo di risorse economiche resterà fuori dal beneficio di effettuare approfondimenti diagnostici in esenzione di ticket.

Non è una novità che in tali circostanze una gran parte di popolazione è suo malgrado costretta a scegliere di non curarsi affatto. In una visione decisamente miope, nel breve periodo si ottiene di certo un risparmio, ma nel medio e lungo? In molti non sanno che le malattie reumatiche sono altamente complesse e invalidanti e si collocano al terzo posto per invalidità dopo quelle oncologiche e cardiovascolari, con un 27% di pensioni di invalidità e sono considerate malattie sociali.

Dai dati messi a disposizione dall’INPS, emerge che negli ultimi dieci anni il 10% circa del totale delle nuove prestazioni erogate è riconducibile a domande accolte per assegni di invalidità per patologie muscolo-scheletriche (malattie reumatiche). L’INPS evidenzia una prevalenza molto marcata di persone in età lavorativa, tra i 21 e i 60 anni, pari a circa il 75% del totale degli assegni medi erogati. Ancora più significativi sono i dati relativi alla valorizzazione economica di queste prestazioni: dai 94 milioni di euro spesi nel 2009 per assegni di invalidità, l’onere economico a carico dell’INPS è cresciuto in modo considerevole, raggiungendo i 141 milioni di euro del 2012. Questo aumento esponenziale è riconducibile in larga misura all’insufficienza delle strutture reumatologiche assistenziali e alla mancanza di una efficiente rete reumatologica di collegamento tra territorio e ospedale, necessaria ad assicurare diagnosi precoci con trattamenti appropriati e tempestivi.

Ai nostri decisori non interessa conoscere la realtà e le difficoltà dei malati reumatici. Ci sbeffeggiano con frasi del tipo: “Troppi esami fanno male, vanno ridotti” o “che si vuole costruire un caso sulla Reumatologia” o ancora “Ho scelto io, non la politica”. Arroganti che non sono altro. E chi le pronuncia ha un notevole peso nell’amministrazione regionale, perché sono coloro che decidono della nostra sorte e del nostro diritto alla salute. Costoro, evidentemente, non hanno mai sperimentato le liste di attesa. Non hanno mai fatto accesso al pronto soccorso con un codice giallo e qui attendere otto ore prima di iniziare a sperare in una diagnosi.

Non si sono mai trovati nella condizione di dover frequentare gli ospedali e di certo non per diletto, ma per necessità. Non si sono mai trovati nella condizione di negare una visita specialistica in intramoenia al proprio figlio perché il bilancio familiare non lo permette. O peggio ancora chiedere l’elemosina ai propri familiari per racimolare il necessario per il viaggio della speranza verso altre regioni e qui trovare accoglienza e professionalità che nella propria non trovano. Quando si parla di bilancio, però, sanno enunciare molto bene le cifre relative ai costi della mobilità passiva. Ne riconoscono il valore ma poi dimenticano. La loro posizione è privilegiata perché hanno la pancia piena e dunque non riescono a comprendere chi è a digiuno forzato.

Come cittadini e come malati, pretendiamo che vengano messe a disposizione tutte le risorse necessarie, siano esse economiche ed organizzative e a garanzia di tutti, nel rispetto dell’appropriatezza prescrittiva delle linee guida emanate a livello nazionale. È inaccettabile che il paziente debba attendere anni prima di avere una diagnosi ed è ancora più inaccettabile che ci sia un’assistenza sanitaria diversa a seconda del territorio di residenza. O forse il nostro Governatore punta proprio alla selezione naturale della specie?

di Grazia Fersini – Marea Onlus