Dalla lettura delle pagine Twitter di Michele Emiliano, governatore di questa nostra regione, prima ancora che candidato alla segreteria nazionale del PD, apprendiamo dell’esistenza di un comunicato congiunto dei tre candidati alla segreteria nazionale del PD e cioè Michele Emiliano, Enrico Rossi e Roberto Speranza (in rigoroso ordine alfabetico, per cognome), di cui Vi riproduciamo fedelmente, quì di seguito, il testo:

DICHIARAZIONE CONGIUNTA DI Enrico Rossi, Michele Emiliano, Roberto Speranza
“L’ultima Direzione nazionale del Partito Democratico è stata animata da un dibattito ricco e plurale. Le conclusioni del segretario non hanno rappresentato questa ricchezza di posizioni e visioni, che ci caratterizza come la più grande comunità civile e politica del Paese. L’esito della Direzione è stato profondamente deludente e ha sancito la trasformazione del Partito Democratico nel Partito di Renzi, un partito personale e leaderistico che stravolge l’impianto identitario del PD e il suo pluralismo. Abbiamo chiesto un impegno preciso: il sostegno al governo sino alla sua scadenza naturale, un congresso senza forzature e preceduto da una conferenza programmatica nella quale ritrovare l’unità, ma siamo stati inascoltati. Per questa ragione, sabato mattina, saremo tutti assieme al Teatro Vittoria, con l’obiettivo di costruire un’azione politica comune, per rivolgere un appello a tutti i nostri militanti ed attivisti e per impedire una deriva dagli sviluppi irreparabili. Il Pd non può smarrire la sua natura di partito del centrosinistra, che trova le sue ragioni fondative nel principio dell’uguaglianza e nei valori della Costituzione”.

In poche parole i tre candidati al momento si uniscono nel chiedere innanzitutto al PD di sostenere il governo fino alla primavera 2018, ovvero alla data della sua naturale scadenza, quindi un congresso “senza forzature”. Per mettere sotto accusa, in un paese normale, Matteo Renzi, segretario nazionale in carica, che ha più volte annunciato le dimissioni, ma che poi non le ha mai formalmente rassegnate, basterebbe il non troppo velato sospetto, da parte di tutti gli altri concorrenti alla carica, di voler celebrare un finto congresso, l’ennesima Leopolda auto celebrativa, e di essere pronto a far cadere il governo, a guida PD, per mero tornaconto personale.

Le accuse sono invece assai più esplicite: Renzi è accusato di essersi impadronito del Partito democratico, di non ascoltare chi chiede preventivamente una “conferenza programmatica” che tenti di ricucire le varie anime del partito e di “ritrovare l’unità”.

È Renzi, dunque, secondo i nuovi triunviri del PD Emiliano-Rossi-Speranza che cerca e vuole la scissione, trasformando il partito in “personale e leaderistico”. È Renzi, aggiungeremmo, che, novello principe di macchiavelliana memoria, insofferente di opposizioni interne e differenze d’idee (da sempre considerate la ricchezza o il valore aggiunto del centrosinistra e non un suo limite), ma soprattutto incapace di ammettere gli errori di percorso suoi e del suo governo, cerca la rissa interna per incolpare le opposizioni di aver scelto la strada della scissione.

Altro che rottamazione. Torna intatta dalla prima e dalla seconda repubblica la vecchia arte “tutta politica-politicante” di cercare di lasciare il cerino acceso nelle mani degli avversari, in modo che siano questi ultimi a bruciarsi le mani, non noi che quel risultato aneliamo di nascosto.

Siamo in pieno clima pre-elettorale. Nel PD, che ha egemonizzato il centrosinistra, si è aperta la battaglia interna. I tre Davide (Emiliano e co.), per ora uniti, salvo poi…contro Golia (Renzi). La sinistra (Vendola e Fassino) aspetta di vedere come va a finire, poi vedrà se allearsi e con chi. Nel centrodestra Salvini rivendica la leadership e Berlusconi gli manda a dire: “ando vai se Forza italia non ce l’hai?”, parafrasando la canzoncina del grande Alberto Sordi in “Polvere di Stelle”. La Meloni assiste al duello e fa dichiarazioni quotidiane, per non dir nulla. Il nostro Raffaele Fitto scalda i muscoli, per cosa? Non è ancora dato sapere.

Insomma, tutti affermano che occorre una nuova legge elettorale, dopo la clamorosa bocciatura referendaria del progetto Renzi. In realtà siamo già, non solo con mani e piedi, ma anche con tutto il corpo, nel proporzionale. Il bello, si fa per dire, non è per nulla edificante, è che a volere il proporzionale oggi siano i vecchi campioni del maggioritario. Pentiti del principio del maggioritario? Per nulla, semplicemente non proficuo per andare ad occupar poltrone governative e di sotto governo.

E’ chiaro che con il proporzionale con premio di maggioranza alla coalizione e non al partito singolo, il M5S, da sempre -a ragione o a torto- non disponibile ad alleanze, è messo nell’angolo, salvo improbabili, ma non del tutto impossibili, sorprese. E l’ingovernabilità connessa al proporzionale, il potere di ricatto ai partitini del 2-3% che fine hanno fatto? Ma tanto, gli elettori, preoccupati come sono di arrivare a fine mese, volete che ricordino?

Ci risiamo. Parole, parole, parole, cantava Mina. Francamente preferivo quella voce a quelle che ci affliggeranno da ora in poi, e Voi, cari lettori, siete d’accordo almeno su questo o passerete l’intero giorno dilaniati dal seguente dubbio amletico: “Chi ci sarà questa sera da Bruno Vespa?”