I consiglieri comunali baresi non possono più scattare fotografie e girare video all’interno dell’aula, come previsto dal regolamento comunale. In estrema sintesi è questa la sconcertante verità scaturita dopo la bagarre tra i consiglieri di opposta fazione, Irma Melini e Francesco Giannuzzi. Quest’ultimo accusa la prima di aver inopportunamente violato la privacy dell’aula e per questo aveva chiesto il parere al segretario generale.

Sulla foto incriminata, che ritraeva gli scranni della maggioranza vuoti, ci avevamo anche scherzato un po’ su, chiedendoci quale privacy avesse violato la consigliera comunale fotografando delle sedie tristemente vuote. Adesso, però, lo scherzo diventa delirio. Sì, perché mentre ai rappresentanti eletti dal popolo è impedito fare foto e video, così come stabilito dal regolamento, per un comune cittadino, o un marziano che ne fa espressa richiesta, il divieto non vale.

Tra le assurdità c’è proprio l’impossibilità dei consiglieri di chiedere a loro volta la stessa autorizzazione, fermo restando la circostanza ancora più assurda, che la consigliera Melini  possa prestare a sua sorella “autorizzata” il cellulare, farle riprendere colleghi e sedie, per poi postare il tutto sulla sua pagina Facebook. Tutto ciò, come se non bastasse, calcolando che il Consiglio comunale va in onda in diretta streaming sul sito del Comune e poi sull’emittente televisiva Telebari.

Senza contare, tanto per non farci mancare nessuna idiozia, che potrebbe essere un giornalista qualunque, tra quelli accreditati per seguire il consiglio comunale, a rifornire i consiglieri di foto e video da postare sui social.

Sembra una barzelletta, ma il fatto è vero. Così reale che è dovuto intervenire, tanto per cambiare, anche il presidente del Consiglio comunale Pasquale Di Rella. Con una lettera, Di Rella chiede di sapere dal segretario generale, entro il 27 ottobre giorno del prossimo Consiglio comunale, a quanto ammonta la sanzione in caso di violazione, qual è l’autorità che dovrebbe comminarla e la norma che regolerebbe il fattaccio. Non solo, Di Rella chiede gli vengano messi a disposizione un numero sufficiente di dipendenti comunali per vigilare sui consiglieri, essendo da solo impossibilitato a monitorare tutti i consiglieri e gli assessori, macchiatisi a vario titolo nel corso di questi due anni del “reato”.

La questione resta di lana caprina. Ciò che davvero preoccupa, è che ci sia qualcuno in grado di porsi un simile problema nonostante il numero esponenziali di guai che affliggono la città di Bari e che il segretario generale, con uno stipendio di quasi 140mila euro l’anno, debba essere impegnato per diversi giorni a dirimere una simile stronzata.