Hai iniziato a suonare da bambino, cosa ti ha avvicinato alla musica?
“Da piccolo ero l’ombra di mio fratello, se lui andava in bagno ci andavo anch’io, se lui faceva una cosa dovevo farla anche io. Mia madre lo accompagnava a lezione di chitarra, e per non lasciarmi solo a casa portava anche me. Avevo solo cinque anni, fu l’insegnante a voler aspettare che iniziassi almeno ad andare a scuola. Da allora non ho più smesso, suono da 34 anni”.

Chi è più bravo a suonare tra voi due?
“Mio fratello ha smesso, ad un certo punto si è stancato di studiare, ma aveva un suono bellissimo, ancora oggi ha un tocco impressionante…”

…un duetto si potrebbe anche proporre però…
“…mi piacerebbe, è lui che non prende la chitarra da una vita”.

Torniamo a te, come è cambiato il rapporto con la musica nel corso del tempo?
“La fase dello studio è stata quella più impegnativa, sinceramente non mi piaceva tanto…ore e ore ogni giorno…il diploma al conservatorio…poi però mi è servita, avendo acquisito il metodo ho potuto fare quello che volevo. Tolto quel periodo, mi ci sono legato sempre di più, è stata la valvola di sfogo che mi ha fatto stare tranquillo. Ogni volta che è finita una storia, magari anche male, la musica c’è sempre stata, è sempre stata il punto di riferimento sia nelle esperienze brutte che in quelle belle. Ogni giorno che passa ne ho sempre più bisogno”.

C’è stato un momento in cui ne hai avuto abbastanza?
“Mai, mai. Ho pensato basta suonare in giro, basta cover oppure basta inseguire un sogno, a casa però ho sempre suonato. Per due anni e mezzo ho lavorato a Peschiera sul Garda in un campeggio e non ho fatto serate, forse qualcuna nel camping, però ho continuato a studiare, a scrivere, a suonare, soprattutto in quel periodo, perché era appena morta mia madre ed è stata proprio lei a darmi la musica. Mi seguiva ovunque, nei pub, tra la gente ubriaca che ballava e lei seduta tranquilla in un angolo ad ascoltarmi. Lei la musica ce l’ha nel sangue. Una notte, era molto tardi, mi ha chiamato perché guardando la televisione si è fermata a vedere un concerto di Vasco Rossi. Chissà quando vedrò te in televisione, mi ha detto. Purtroppo questa soddisfazione non sono riuscito a dargliela, altre sì ma questa no”.

Pur suonando anche quella elettrica, ti si vede di più con la chitarra classica, come mai?
“Ho suonato tanti anni la chitarra elettrica e continuo a suonarla con un gruppo di amici più grandi di me – i The Blue Fish, ndr – però lo fanno per divertimento, suonano insieme da 15 anni, ogni venerdì si ritrovano in un box a suonare per evadere da tutto e spesso vado anch’io, per bere un bicchiere di vino e divertirmi quelle due o tre ore senza pensare a niente. Avendo avuto però diversi gruppi in cui spesso ci sono stati problemi per le serate, difficoltà a provare per via del compleanno del figlio o del cugino etc, ho avuto la necessità di suonare da solo e con la chitarra elettrica in un pub il suono non rende, così sono passato all’acustica. Ho avvertito l’esigenza di riempire il suono, per cui ho iniziato a usare la cassa della chitarra per le percussioni, poi ho invertito la quinta e la sesta corda e ho inserito così anche il basso, grazie agli studi di conservatorio posso fare basso, melodia e armonia insieme. Poi sono passato al cajon (quella cassa su cui è seduto nel video, ndr) e con un vecchio trapano a manovella ho simulato il rullante, utilizzandone adesso uno vero. Ora uso anche una polsiera imbottita coi pallini come le maracas. Ogni volta che aggiungo qualcosa devo riarrangiare tutto” – chiude sorridendo.

Dal tuo Facebook e dalla biografia non sembri interessato alla tecnologia e all’autopromozione, credi che abbiano poco a che fare con la musica e la vita del musicista?
“Il problema è che non so gestire queste cose, avrei bisogno di qualcuno che lo facesse per me. In più, non ho tanto materiale tipo video decenti e cose simili per promuovermi, perché se devo farlo, lo devo fare bene. Dovrei fare qualcosa in estate, tre o quattro video come si deve, registrare 8 o 9 pezzi miei per poter poi uscire a settembre. Lo stesso concerto di stasera è un esperimento per capire come reagisce la gente alle mie canzoni, provare a mettere la pulce nell’orecchio di qualcuno e far capire che non faccio solo cover, ma ho il mio repertorio”.

A te lo posso chiedere, ci frequentiamo da mesi, ci conosciamo da un pezzo, ma non mi hai mai chiesto di scrivere un articolo o passare un comunicato…
“Perché per me la cosa più importante è suonare, non è che non ci credo, ma vedi per esempio, stasera ho chiesto a Marco (il proprietario del pub) di suonare perché ho proprio bisogno di farlo, non posso farne a meno, poi sono esibizionista: quando ho fatto il primo saggio dopo solo quattro mesi che suonavo, ho sbagliato una nota e ho continuato tranquillo, mia madre che guardava mi disse: “Hai proprio una faccia di cu**”. Già a quell’età quando ho sentito l’applauso, sono impazzito. Penso prima ad arrivare alla gente, a comunicare con loro. Ho sempre pensato alla promozione, iniziando e poi lasciando le cose a metà. Lo devo fare bene, con il materiale fatto come si deve”.

Cos’è per te la musica oggi?
“Oggi è tutto. È quello che ho nel sangue, è quello che penso, quello che dico, quello che sento, quello che amo, quello che odio, è tutto. Quando penso, penso in musica, se ascolto fosse pure un frigorifero, per me è un ritmo, qualsiasi suono, per me, è quasi non da incubo ma un’ossessione. Se sto parlando con te e ascolto una canzone, magari non ci faccio caso, ma il mio cervello la sta seguendo. Sai quante volte ho pensato: ma dove ho sentito questa canzone? Non ci faccio caso, è una cosa ormai automatica dopo tanti anni. Nei limiti delle canzoni semplici, pur sentendola per la prima volta, riesco a dirti cosa sta facendo il piano, la batteria…se sono brani più complessi ho bisogno di uno strumento, ma ci arrivo”.

Suoni ormai da 34 anni, cosa vuoi dalla musica che ancora non ti ha dato e c’è qualcosa che invece ti ha tolto?
“Andiamo in ordine. A livello economico, dalla musica voglio poter vivere una vita…diciamo da stipendio medio, poi più ce n’è è meglio è, ma vale per tutti. Non pretendo, non voglio arrivare a prendere 80mila euro a concerto, non mi interessa, l’importante è che possa avere una mia casa o il mio affitto con le spese da pagare, e avere i soldi per la birra, le sigarette, le corde, una chitarra nuova, la macchina…nel piccolo…senza affanno, suonando tutti i giorni, magari non sempre nel pub, lavorando con la musica, con le mie canzoni o collaborando con qualcuno…la cover ci può anche stare per una serata di divertimento. Se dovessi diventare famoso, vorrei poter continuare a venire qui e suonare con gli amici, con le persone che mi vogliono bene, perché è quello che mi ha tenuto in vita fino ad ora e non vedo perché dovrei smettere in quel caso. Se poi la gente mi conosce e il locale si riempie, che ben venga, magari. Che cosa mi ha tolto…è un cane che si morde la coda…qualche storia finita mi ha legato sempre di più alla musica, e quando pensavo solo alla musica perché deluso da qualche situazione, penso sia passato qualche amore che avrebbe potuto essere quello come si deve, l’amore vero. Però non è colpa della musica, ma mia. Penso che non abbia tolto niente. A differenza degli umani, la musica non ti tradirà mai, qualche donna ha chiesto di essere al primo posto, ma è parte di me. Se vuoi Rosario prendi anche la chitarra”.

Rosario Le Piane su facebook