La prima cosa che si legge sul vostro facebook è: una band italiana di musica italiana. Perché tenete a sottolineare questo aspetto? Forse ce l’avete con chi canta in inglese?
Andrea: “No assolutamente, però è quello che dovrebbe fare secondo noi una band che nasce in Italia. È molto più facile scrivere in inglese, a volte anche noi usiamo un finto inglese per la melodia vocale, però la nostra lingua è bellissima, e anche se difficile per la musica, ci affascina combattere contro questa cosa. Per questo ci teniamo a sottolineare che siamo una band italiana che canta in italiano su un genere che è prettamente esterofilo”.

Però sulla line up c’è scritto programming e synth…
Aldo: “Lo facciamo perché altrimenti i fonici non capiscono” scherza.
Andrea: “…la colpa è del nostro produttore, è stato lui a scriverlo sullo stage plan – prosegue giusto senza fare usare di inglesismi, naturalmente scherziamo n.d.r.- per me sintetizzatore andava benissimo. Troppe zeta e troppe ti forse…”

La vostra etichetta discografica è fiorentina. Nessuno qui in Puglia ha saputo guardare in prospettiva o è stata una vostra scelta?
Francesco: “Tutto è successo nel 2009, allora andava di moda il myspace e ci hanno trovato così…”

…finalmente una band per cui myspace ha funzionato…
Francesco: “…in effetti sembra una specie di favola, ogni volta che la raccontiamo. Nell’attività di scouting, l’etichetta ci ha ascoltati su myspace e contattato, chiedendo se potessimo incontrarci di persona. Sono scesi in Puglia da Firenze, hanno sentito anche altri brani che non avevamo avuto modo di registrare e c’è stata la proposta di un primo contratto discografico con la Forears. Sono passati tre anni da allora”.
Matteo: “È stato più un caso che una scelta. Considera che noi veniamo da Canosa di Puglia e non da Bari, è una realtà molto più isolata, in quel caso internet ha agevolato”.

Insomma una botta di cu*o…
“Decisamente si” ridono di gusto.

Voi che dichiarate di esserlo, volete spiegare cosa significa indie?
Francesco: “Alla fine vuol dire che sei indipendente e chi più di noi lo è – ride – viviamo in città diverse, quando vogliamo incontrarci per le prove non ci organizza nessuno le cose, ci facciamo veramente il cul*! Tralasciando la moda, indie vuol dire davvero essere indipendente, trovarti delle cose da solo, tramite contatti o conoscenze, concerti, magari conoscendo altri gruppi e grazie a loro fissare delle date. È questo che fa un gruppo indipendente, purtroppo è ancora una attitudine, magari fosse il contrario”.
Matteo: “Anche un fatto stilistico nella scelta sonora, fatta per superare certi canoni tradizionali…in fondo noi facciamo pop, che è più orecchiabile, però nella scelta dei suoni o degli arrangiamenti, cerchiamo di andare oltre certi schemi standardizzati”.

Quindi per voi ha un’attinenza musicale…
Matteo: “Sicuramente va al di là della moda, è una scelta stilistica e un modo di vivere”.
Andrea: “Diciamo che in senso storico, proprio come è nato il termine che poi significa indipendente, denota questa cosa, cioè un gruppo che è fuori dal sistema delle major, quindi di musica più radiofonica e commerciale, corrisponde da una parte lo sforzo maggiore dal punto di vista organizzativo e dall’altra con un genere di musica sempre più sperimentale. Con gli anni ha contraddistinto anche realtà pessime secondo me, soprattutto in Italia. Un po’ mi offendo quando dicono che siamo un gruppo indie” sorride.

Avete aperto un concerto dei Marlene Kuntz di cui eravate fan da adolescenti, è vero o no che non bisognerebbe mai incontrare i propri miti?
Aldo: “Io non vedevo l’ora di suonare per andare nel backstage da loro. La cosa è ancora più bella quando incontri i tuoi riferimenti storici per fargli i complimenti e loro si complimentano con te perché si sono interessati al tuo live. Questa è la cosa più figa che possa capitare, non le mo sarei mai aspettato”.
Andrea: “Hanno trovato interessante la scelta sonora perché abbastanza peculiare, ci hanno detto che non si sente di solito in giro”

Oltre ai Marlene, avete suonato prima di altri nomi importanti della musica italiana, cosa ha spinto in avanti la carriera secondo voi?
Michele: “Secondo me, l’uscita del disco ed il lavoro fatto per la sua realizzazione ci ha fatto maturare musicalmente, ma anche come approccio alla realtà musicale. Prima ci muovevamo come un gruppo emergente e lo siamo ancora, però abbiamo coscienza di certi meccanismi per salire quel gradino in più che ti porta a suonare prima dei vari Subsonica, Casino Royale, Brunori sas, Colapesce e tanti altri”.
Andrea: “Dobbiamo ringraziare anche il fenomeno della musica pugliese e delle organizzazioni che la promuovono, è un periodo fortunato perché, anche parlando con gruppi di fuori o con quelli di cui abbiamo aperto i concerti, loro stessi dicono che noi pugliesi siamo fortunati ad avere un notevole fermento musicale e ad avere istituzioni e organizzazioni che ci sostengono. Sei hai qualità, tutto questo permette di ottenere dei risultati…”
Aldo: “…anche questa stessa intervista…”

…lecchino…
“Ahahaha”.

Concertone, concerto, festival, contest, show case, house-concert. Tanti modi diversi per proporre la musica, quale si addice di più ai Mai Personal Mood?
Francesco: “La cosa più importante per un musicista è suonare dal vivo, non tutti i posti però permettono di farlo allo stesso modo: a noi piace suonare in elettrico, però non sempre è possibile per cui devi avere una dimensione più acustica, ma noi non lo siamo e ci piace l’elettronica, ma negli house-concert magari non si può per cui arrangi nuovamente il tutto. Dipende dal posto”.

Proviamo a fare un po’ di autoanalisi: contest, festival, concorsi, ce ne sono tanti, per esempio vi siete iscritti ad Arezzo Wave. È il contenitore giusto per la vostra musica secondo voi? Estendendo il concetto, non sarebbe il caso di fare selezione tra quelli a cui partecipare?
Michele: “Ci siamo iscritti ad Arezzo Wave non solo per partecipare a Bari, ma con la speranza di salire alla finale sul palco e suonare davanti ad una vasta platea, quindi rientrava totalmente nella nostra politica, come gruppo emergente, di ampliare il più possibile il proprio pubblico. Credo che come proposta stilista ci rientreremmo…”

…forse Arezzo Wave è più rockettaro…
Francesco: “Abbiamo partecipato la prima volta nel 2007. Conoscendo i gruppi che hanno vinto anche in altre regioni, forse questa è una cosa più pugliese, ma spero che si possa smentire anche negli anni…”

In pratica stai dicendo che ci riproverete l’anno prossimo…
Francesco: “Questo è l’unico festival su cui vogliamo insistere, poi arriverà anche la fase in cui smetteremo di partecipare ai vari festival e contest. Siamo molto legati ad Arezzo Wave, ci teniamo molto…”
Andrea: “…a volte ci siamo andati come spettatori, sarebbe fantastico un giorno riuscire ad entrarci. Per noi è un festival importante perché c’è sempre una proposta musicale bella e fresca, non è una situazione in cui suonano sempre gli stessi…”
Matteo: “…e poi è una vetrina intorno a cui ruota molto, finisci di suonare e rilasci un sacco di interviste, si parla di musica e di quello che fai, è bellissimo per un gruppo crescere così, è questo il senso di parteciparvi”.

Ne avete fatti anche voi, proviamo allora a completare l’equazione matematico-musicale. Il djset sta al musicista come…?
Francesco: “Io ho sempre avuto il debito…”
Matteo: “Stai attento quello che dici…”
Andrea: “Aspetta ora mi viene…”

Spotify, Deezer, GooglePlay, iTunes, Bootcamp , Soundcloud etc etc. aiuta realmente la musica tutto questo? Seguire così tante piattaforme richiede tempo, ne vale la pena per i risultati che si ottengono?
Matteo: “Se sei ascoltatore hai più piattaforme per poter ascoltare tutta la musica che vuoi, se invece sei musicista, tra virgolette quella musica non ti viene retribuita, quindi per ascoltare i Mai Personal Mood al computer non hai bisogno del cd, puoi farlo quando vuoi senza aver dato un contributo economico che invece ci dovrebbe essere. Noi abbiamo dato qualcosa a te ascoltatore, ma tu non hai dato niente a noi in un certo senso…”
Andrea: “…in questa fase della carriera, però, non è importante per noi, va benissimo che la nostra musica vada da qualunque parte, anche gratis. A noi non comporta niente, perché è la distribuzione stessa che ti mette su tutte le piattaforme, anzi come gruppo emergente siamo fortunati ad essere ovunque, così un ascoltatore che vuole sentirci, può farlo attraverso il suo sistema preferito”.
Michele: “Quello che ci impegna di più in realtà è facebook, dove transita il 90% del lavoro di booking indipendente, e dove manteniamo il contatto col pubblico, che non vediamo assolutamente come una perdita di tempo, anzi.”
Francesco: “Tramite le piattaforme, spesso gli ascoltatori ci propongono dei live, grazie agli ascolti arrivi a fare il concerto, che poi è quello che deve un gruppo per non rimanere confinato online.”

I Mai Personal Mood su facebook

Line up:
Francesco Allegro, voce e chitarre
Andrea Messina, synth, programming e chitarre
Matteo Conte, chitarre e synth
Michele Di Muro, basso
Aldo Leo, batteria