“La Puglia è la settima regione in Italia per utilizzo dei voucher, Bari prima tra le provincie, con oltre 2 milioni nel territorio regionale. La tracciabilità introdotta dal Governo è utile, ma da sola non basta per fermare un fenomeno che penalizza la buona e sana occupazione. Dal 2008, anno di prima concreta applicazione dello strumento, al 2016 il ricorso al loro utilizzo è stato spaventoso. In Italia siamo passati da 536 mila del 2008 a 134 milioni del 2016, in aumento del 24.1% sul 2015 per una stima di oltre 1.6 milioni di lavoratori coinvolti nel 2016, a fronte di circa 1.3 milioni del 2015”. Aldo Pugliese, Segretario Generale della UIL di Puglia, commenta così i dati sull’utilizzo dei voucher e soprattutto evidenzia il “balzo” della Puglia, passata dai 2443 del 2008 a oltre 6.2 milioni del 2016, con un +22.2% sul 2015.

“Dall’approfondimento del nostro dipartimento si può dedurre – spiega il Segretario della UIL regionale – che la Puglia sia, in questa pericolosa classifica, la settima regione con più voucher venduti in Italia. A livello territoriale, Bari è la provincia in cui si producono più voucher con 2.188.000, seguono Lecce (1.358.000), Brindisi (921.000), Taranto (762.000), Foggia (678.000) e la BAT (323.000)”.

“Nel 2016 – prosegue il Segretario regionale della UIL – le attività d’impiego in cui si utilizzano maggiormente i buoni lavoro risultano essere il commercio, turismo, e servizi: attività abbastanza distanti da quelle rispetto alle quali è nato nel 2003 il così detto
lavoro occasionale accessorio. Ne deriva l’uso oramai selvaggio dei tagliandi voucher. Infatti, le modifiche introdotte dal Jobs act, con l’eliminazione dell’accezione occasionale ed accessoria della prestazione, nonché l’innalzamento a 7.000 euro netti l’anno a lavoratore, hanno sì prodotto un’applicazione legittima dell’istituto, ma di fatto precarizzante per i
percettori di voucher, in quanto esenti da contribuzione, i buoni lavoro non danno diritto all’indennità di malattia, maternità, disoccupazione nonché assenza di una vera copertura
pensionistica”.

“La nuova e positiva tracciabilità introdotta dal recente decreto 185/2016 – conclude Pugliese – non può essere l’unico deterrente utile a ricondurre l’istituto alla sua originale identità. Siamo convinti che lo strumento possa avere una funzione virtuosa ma in casi limitati e caratterizzati dalla “eccezionalità e mera temporaneità” della prestazione evitando così la potenziale sostituzione dei rapporti di lavoro subordinati. Di qui la proposta UIL, rivolta alla classe politica, di limitare l’utilizzo del lavoro occasionale ed accessorio per un massimo di due giornate consecutive, con un tetto annuo di € 4.980 netti per il lavoratore (tale massimale deriva dal calcolo avente come base di partenza 30 € netti ogni quattro ore lavorate) e l’introduzione per il committente di un limite annuo di €1.200 indipendentemente dal numero prestatori di lavoratori ma con un massimo di €600 netti per lavoratore”.