Nell’era della meccatronica, alla Getrag di Bari si torna al passato. L’automazione è sostituita dal lavoro manuale dell’uomo. In un reparto funzionerebbe già così. Dopo aver scoperto diversi altarini nello stabilimento Bosch di Bari – senza mai aver avuto smentite ufficiali -,  un operaio ci permette di raccontare quanto succederebbe all’interno dello stabilimento Getrag, altra ex isola felice della metalmeccanica barese.

“Siamo sotto la costante pressione dei tagliatori di teste – spiega Carlo (nome di fantasia) – alla fine del turno si corre via da quel posto, in cui si è perso ormai da tempo il valore della lotta contro un padrone che non ha rispetto delle persone, ma considera tutti numeri da abbattere”. Fossero confermate, le cose che racconta Carlo fanno molto riflettere, seppure non sono una novità assoluta avendo avuto modo di approfondire le vicende interne alla Bosch.

“Agli operai non graditi, quelli che si tenta in tutti i modi di mandare a casa – racconta Carlo – è vietato allontanarsi dalla catena di montaggio per andare a prendere un bicchiere d’acqua. Persino per andare al bagno bisogna chiedere il permesso, manco fossero bambini di cinque anni”. Carlo è uno che non ha problemi, ma si è posto nei panni di chi, anche attraverso azioni legali, sta cercando di farsi riconoscere quelli che vengono considerati diritti negati.

“L’anno prossimo perderemo anche il prodotto di punta e non sappiamo se verrà sostituito con altro – continua l’operaio -. Il 250 sarà realizzato in Germania, in uno stabilimento che fino a qualche tempo fa era candidato alla chiusura. Non c’è molto tempo per ribellarsi all’idea di diventare pedine sacrificali”. In discussione, ancora una volta anche il ruolo dei sindacati. “Ho smesso di credere nei sindacalisti e purtroppo anche nel sindacato – ammette Carlo -. Ho letto e ascoltato con attenzione al vostra inchiesta sulla Bosch. I punti in comune sono tanti, comprese le mani pressoché intonse degli rsu, che in azienda ormai entrano con l’agenda sottobraccio. Chinare la testa e rispodere sempre ‘sì, padrone’, non è la soluzione più dignitosa per la propria famiglia e per se stessi”.

Restiamo a disposizione dell’azienda e dei sindacati nel caso volessero contestare o precisare quanto detto dall’operaio.