Ottantaquattromila visualizzazioni, ma soprattutto 35mila condivisioni, con decine di commenti, quasi tutti a sostegno della tesi di Gaetano Di Liso, l’avvocato barese emigrato a Dublino dove ha trovato lavoro. Detto in parole povere, il messaggio era: “Poletti fuori dalle palle“, invito arrivato dopo le esternazioni poco felici del ministro, contento di essersi tolto dai piedi certi giovani italiani.

Tanti altri giovani italiani emigrati all’estero ci hanno scritto la propria esperienza, quasi sempre partita da una necessità, non tanto dalla voglia di metersi in gioco e confrontarsi con altre realtà. Gaetano Di Liso torna a rivolgersi a Poletti senza rimangiarsi neppure una delle parole scritte nella lettera, alla quale spera di ricevere una risposta. Questa volta, in spagnolo, una delle lingue parlate, chiede al ministro di raggiungerlo a Dublino, in modo da potergli dimostrare come vive all’estero un giovane professionista del Bel Paese (e purtroppo per molti versi ormai solo bello).

L’avvocato Di Liso, sì perché Gaetano è iscritto al foro di Bari, racconta la sua storia. A febbraio scorso è partito per l’Irlanda, dove per qualche giorno ha fatto il cameriere in un hotel con il passaporto alla mano e un regolare contratto di lavoro. L’emigrato barese, infatti, non aveva la strada spianata, era solo riuscito a inviare il suo curriculum, approfittando della ricerca di personale di alcune aziende. La chiamata è arrivata nemmeno due settimana dopo essere sbarcato in Irlanda. Nel giro di qualche mese ha già fatto un avanzamento di carriera, visto la trasformazione del contratto da determinato a indeterminato, con la certezza di poter ricoprire ruoli più prestigiosi, perché no proprio nell’ufficio legale dell’azienda.

A Dublino Gaetano ha trovato l’amore e con la sua compagna divide una camera doppia in un appartamento con un’altra coppia, alla “modica” cifra di 700 euro al mese. Il costo della vita è particolarmente alto. Un altro elemento in più per apprezzare chi decide di abbandonare la propria terra, povera di occasioni, senza assolutamente denigrare chi resta, facendo una scelta altrettanto coraggiosa.

Dal canto nostro speriamo che il ministro, certamente raggiunto dalla precedente missiva dell’avvocato Di Liso, possa farsi avanti e magari accettare l’invito rivoltogli, nel tentativo di comprendere cosa significhi andare via di casa, lasciando i propri affetti e la propria vita per andare alla ricerca di una realizzazione umana e professionale a migliaia di chilometri di distanza dalle proprie radici.