Niente nome, anche se ha rischiato di perdere un occhio e chissà che altro fosse andata peggio. Neppure il paese piemontese in cui presta servizio si deve conoscere. È meglio non si sappia, perché altrimenti si rischia di compromettere altre operazioni. Non sta dietro una scrivania, ha a che fare con il contrasto alla droga e alla criminalità.

Figuriamoci un’intervista, una qualsiasi considerazione su quanto gli è capitato, in modo da sapere la rabbia che ha dentro, il valore della divisa che indossa, l’essere sempre in pericolo. Per conoscerne la voce ci vuole un’autorizzazione dell’Arma e insieme al Santo passa pure la notizia. La fotografia che pubblichimo non è di repertorio, ma quella di un militare orginario del Barese, accoltellato nelle ore scorse. Tentava di fermare un uomo seguito dal servizio di igiene mentale, armato di coltello, che minacciava di morte i genitori durante una lite.

Otto giorni di prognosi, il pensiero fisso ai familiari, al pari suo mai certi di cosa possa succedere una volta fuori di casa per andare al lavoro, volendo ridurre a questo ciò che ha scelto di fare. Nessuna medaglia sul petto, forse gli è capitato di mettersi in posa dietro un tavolo con una partita di droga. In fondo si tratta di ordinaria amministrazione. L’aggressore, oggi ricoverato nel reparto di psichiatria di un ospedale, prima o poi sarà rimesso in libertà, seguito a distanza dal Sim e inseguito dai militari, in una lotta impari, in cui per legge non s’intende sempre giustizia.